Che il "signore della droga", il colombiano Pablo Escobar, dovesse vedersela con temibili rivali per il controllo del narcotraffico non ci vuole poi molto a immaginarlo. Ma che uno dei più agguerriti fosse una donna, fa un certo effetto. Soprattutto in un ambiente profondamente maschilista come quello dei cartelli mafiosi sudamericani degli anni '70. E invece la vicenda di Griselda Blanco è proprio lì a dirci il contrario: donna, moglie, madre ma soprattutto “madrina”, è stata una delle più sanguinarie “boss” di tutti i tempi. Una vera e propria leggenda nera, la cui spietatezza, come ha scritto Roberto Saviano nel romanzo-inchiesta ZeroZeroZero, “è ormai materia epica”.
Il primo delitto. Nata nel 1943 a Cartagena, in Colombia, Blanco crebbe in una baraccopoli, il cui tasso di omicidi pare fosse così alto che i bambini passavano il tempo a scavare buche per i corpi che restavano sulle strade. All'età di 11 anni, con un gruppo di amici, rapì un ragazzo di 10 anni figlio di una ricca famiglia. Chiese un riscatto, ma quando fu chiaro che la famiglia non era disposta a pagare, la piccola boss sparò al malcapitato, commettendo il primo atroce delitto di una lunga serie.
A 14 anni, lasciata la casa materna per sfuggire agli abusi del patrigno, si diede alla vita di strada, finché a metà degli anni '70 emigrò a New York con il suo secondo marito, Alberto Bravo. Lì, iniziò a spacciare di cocaina, procurandosi una lista di clienti che comprendeva stelle di Hollywood e atleti famosi. E quando l'Fbi si accorse di lei, si trasferì a Miami, dove gettò le basi del suo impero. Secondo la Dea (l'agenzia federale americana antidroga) la madrina arrivò ad avere ben 600 persone a libro paga e a guadagnare la bellezza di 80 milioni di dollari al mese.
La guerra con Pablo. Ma Miami nei cupi anni '70 era zona di caccia anche di Pablo Escobar, che arrivò presto allo scontro con la boss, in una delle più sanguinose guerre di mafia che si siano mai consumate su suolo americano. Il ruolo di regina del narcotraffico, Blanco se lo guadagnò grazie alla sua spietatezza. Sebbene sia difficile calcolare con esattezza quante persone perirono per mano sua e dei suoi sicari, si stima che il numero di vittime oscilli tra 40 e 240: tra questi figura anche il piccolo Johnny Castro, un bambino di due anni, che era in macchina con suo padre Gesù "Chucho" Castro. La Blanco aveva ordinato l'uccisione di Chucho perché aveva “mancato di rispetto” a suo figlio.
Pare che non le dispiacesse affatto essere chiamata “la madrina”. I riferimenti al film di Francis Ford Coppola, anzi la lusingavano a tal punto da chiamare il suo terzo figlio Michael Corleone. Scegliendo questo nome, la madrina sperava di propiziare al piccolo un radioso futuro criminale, ma la sua previsione si rivelò fallace: il padre di Michael e i suoi fratelli maggiori furono tutti uccisi prima che lui compisse i 16 anni. E non passò molto tempo prima che lei stessa fosse condannata a stare decine di anni dietro le sbarre, così il piccolo Michael fu lasciato alle cure della nonna materna e di altri tutori.
La vedova nera. Oltre che come la madrina, Griselda Blanco era conosciuta anche come la vedova nera (da cui il titolo della serie tv a lei ispirato): il soprannome le derivò dall'accusa di aver ucciso e fatto uccidere tutti e tre i suoi mariti.
Alla storia del crimine la Blanco è comunque passata tanto per le sue atrocità, quanto per la sua… creatività. Secondo il Miami New Times avrebbe "rivoluzionato il contrabbando creando una linea di biancheria intima con compartimenti segreti per custodire la droga". Per farlo, arrivò ad aprire uno stabilimento di produzione di reggiseni e guaine a Medellin, perfetti per trafficare droga. Non fu l’unica... innovazione: importò negli Usa l’idea di impiegare sicari in motocicletta e, inoltre, nel 1979 fu sempre lei a orchestrare quello che è passato alla storia come il massacro del Dadeland Mall di Miami. In quella circostanza tre sicari armati, a bordo di un furgoncino equipaggiato come un "carro da guerra", uccisero due uomini e ne ferirono un terzo, all’interno di un negozio di liquori, sparando decine e decine di colpi in pochi minuti. Furono stragi proprio come questa a costruire per la Miami degli anni '70 la fama di città più pericolosa del mondo.
L'arresto e la morte. La madrina fu arrestata nel 1985 e trascorse circa vent’anni in carcere; fu rimpatriata in Colombia nel 2004. In prigione pare si fosse avvicinata alla religione, diventando una cristiana rinata. Il 3 settembre 2012, Blanco si recò in macelleria a Medellin, assieme alla nuora. Quando uscì, un uomo in moto le si avvicinò e sparò due volte uccidendola con il metodo che, ironia della sorte, aveva messo a punto proprio lei.