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Giovanni Volpato, l'uomo che ha inventato i souvenir

Nella Roma del '700 l'incisore e ceramista italiano con un gran fiuto per gli affari inventò gli antenati dei "ricordini" di viaggio: i souvenir.

In viaggio, c'è sempre qualcuno felice di portarsi a casa un mini Colosseo o un Apollo "nano", parenti poveri di sculture e monumenti famosi. Quella del souvenir è un'abitudine diffusa e popolare che ha radici lontane, ma non tutti sanno che l'ideatore fu l'incisore e ceramista Giovanni Volpato (ca. 1732-1803).

Incisore con il fiuto per gli affari. Volpato fu un brillante self-made man, pieno di iniziative e con grandi capacità artistiche e imprenditoriali. Un uomo dai molti nomi: nato a Bassano del Grappa (Vi), Giovanni cambiò il cognome Trevisan con quello della nonna materna, Volpato, e, ogni tanto, firmava le sue opere anche alla francese: Jean Volpato o Giovanni Renard, approssimativa traduzione di Volpato. Per aiutare la madre rimasta vedova trovò un primo impiego come ricamatore, ma poi passò a lavorare per Giuseppe Remondini, a capo di una delle maggiori aziende tipografiche d'Europa e particolarmente forte nella calcografia, cioè nella stampa di incisioni su rame. E qui, "quasi da per sé apprese" l'arte dell'incisione.

Giovanni Volpato (1735-1803)
Ritratto di Giovanni Volpato (1735-1803) di Angelica Kauffmann. © Wikipedia

Nel 1762 lo troviamo a Venezia, prima nella bottega dell'incisore fiorentino Francesco Bartolozzi, in seguito in quella di Joseph Wagner, punto d'incontro dei migliori incisori della città. Per un uomo naturalmente portato per le pubbliche relazioni, non poteva esserci posto migliore: gli si offriva la possibilità di accedere ai salotti che più contavano, come quello dell'ambasciatore inglese Joseph Smith, frequentato dai più importanti collezionisti, intellettuali e artisti di passaggio nella Serenissima. Forte di questo prezioso bagaglio di competenze e relazioni, nel 1767 Volpato aprì una bottega tutta sua. Il lavoro non gli mancava. Ottenne infatti importanti commissioni, tra cui quella con il raffinato editore Bodoni (inventore dell'omonimo carattere tipografico).

Ricordi per turisti dell'antica Roma. Con lui realizzò il volume celebrativo per le nozze del duca Ferdinando di Borbone. Il successo di questa iniziativa fece svoltare la carriera di Volpato, che nel 1771 venne chiamato a Roma per un incarico di prestigio: la riproduzione degli ornati di volte e pilastri delle Logge affrescate da Raffaello in Vaticano. Volpato realizzò magistralmente 12 incisioni poi raccolte in tre raffinati volumi, stampati tra il 1772 e il 1777. Il papa, Pio VI, non poteva che esserne soddisfatto. Stimava Volpato tanto per la sua arte quanto per i modi e l'intelligente conversazione.

Del resto, pochi artisti potevano rivaleggiare con Giovanni "per l'aggiustezza dei suoi giudizi in materia di belle arti, per cui da ogni dove affluivano da lui consulti", come scriveva nell' Ottocento Giambattista Baseggio nella Biografia degli italiani illustri.

Nel '700 Roma era meta obbligata del Grand Tour: aristocratici, intellettuali, artisti e collezionisti affascinati dall'antichità classica confluivano da tutta Europa in quel museo a cielo aperto che è la Città Eterna. Pio VI, appassionato di antichità, favoriva in ogni modo gli scavi archeologici, e incoraggiò anche Volpato a intraprendere questa strada. L'artista prese sul serio l'invito e, pur mantenendo la sua florida bottega di incisore, entrò nel lucroso business del mercato antiquario.

A quei tempi brulicava di personaggi che, con regolare permesso, recuperavano opere d'arte romane, per poi rivenderle con lauti guadagni ai "Grand Turisti". Volpato entrò in quel business e, a partire dal 1779, finanziò un intenso programma di scavi che gli procurò un considerevole bottino di sculture. Soddisfatto, il 9 agosto 1783 scrisse a Remondini, il suo ex datore di lavoro: "Cominciai per gioco a cavare statue, ora è divenuto serio questo gioco, quest'anno mi costa sopra 2.000 scudi, è vero che ne saranno più di mille di guadagno". La richiesta di oggetti della Roma antica era tale che, all'attività di scavo, Volpato affiancò una compravendita di reperti che includevano anche oggetti rinvenuti da altri.

Statuine in biscuit. Ma non tutti i "Grand Turisti" potevano permettersi di comperare costose sculture antiche. E Volpato, abilissimo nell'intercettare i bisogni della gente, fiutò l'affare. Decise di produrre copie di piccole dimensioni di statue romane, a un prezzo abbordabile e realizzate in biscuit, un materiale poroso di colore bianco e opaco, simile a quello del marmo. Una produzione nuova per Roma e un grosso investimento per Volpato, che per tutelarsi dalla concorrenza pensò bene di chiedere al papa, sempre suo sostenitore, di vietare a chiunque, per 15 anni, di avviare un'impresa simile nello Stato Pontificio. Forte di questa esclusiva, aprì quindi la fabbrica in via Urbana, al rione Monti, e vi stabilì anche la sua dimora privata.

Le statuine in biscuit non solo ebbero grande successo, ma aprirono un mercato enorme e a buon diritto possono essere considerate le antenate blasonate degli attuali souvenir. Realizzate in modo seriale, erano proposte in tre misure diverse, con prezzi che variavano a seconda dell'altezza: dai 3 zecchini per la più piccola, alta un palmo, ai 10 per la più grande. La gamma era ampia: si poteva scegliere tra il Fauno Barberini, l'Apollo del Belvedere, l'Ercole Farnese, il Galata morente, l'Ares Ludovisi, la Flora Farnese... Di solito acquistate singolarmente o in gruppi tematici, potevano anche essere combinate insieme.

Fu lì che Volpato ebbe occasione di conoscere Goethe. Era di casa anche nei circoli più in vista di Roma, dove incontrava i famosi esponenti del Neoclassicismo come l'archeologo Johann Joachim Winckelmann e Anton Raphael Mengs, i pittori Gavin Hamilton e Thomas Jenkins, e anche Antonio Canova, suo conterraneo e grande amico (quando Volpato morì Canova volle onorarlo realizzando una stele funeraria, simbolo dell'Amicizia piangente). Proprio vicino all'atelier dello scultore, in via del Babuino, Giovanni aprì un negozio dove vendeva la sua produzione: stampe, statuine, porcellane e terraglie.

Pubblicità d'epoca. Gli affari andavano bene. Sempre avanti di un passo rispetto agli altri, capì che la pubblicità era l'anima del commercio e, il 27 ottobre 1786, fece pubblicare sul Times di Londra la lista dei nuovi prodotti, con i relativi prezzi, che comprendevano anche oggetti di uso quotidiano come bacili da barba, lumi da notte, barattoli da tabacco. Proprio il ritrovamento dei frammenti di questa antica produzione ha guidato l'archeologa Serlorenzi a identificare l'ubicazione della fabbrica. «Nel 2010, durante un sopralluogo al cantiere di scavo in via Urbana, a Roma, mi cadde lo sguardo su una ceramica bianca. Si trattava di una tazzina dalle pareti sottilissime, millimetriche, al tatto polverosa ma di ottima qualità; subito dopo ne vidi un'altra, e un'altra ancora». Alla fine degli scavi i frammenti erano 12mila tra piatti, vasi, vassoi, zuccheriere e statuine: dopo più di 200 anni, la fabbrica di Volpato rivedeva la luce.

Souvenir di Roma
Souvenir che i turisti portano a casa in ricordo di Roma. © Shutterstock

La fabbrica di via Urbana sancì definitivamente il successo imprenditoriale di Volpato: le sue attività andavano a gonfie vele e si era ben inserito nella società romana. Frequentava i salotti internazionali e i clienti non gli mancavano, alcuni anche di grande riguardo, come il re Gustavo III di Svezia, a cui vendette 12 statue tra cui l'antico gruppo statuario in marmo di Apollo e le Muse (da lui restaurato in modo disinvolto) per ben 3mila zecchini. Molti stranieri, curiosi di vedere le statue acquistate dal re, compravano a loro volta qualcosa. In una sola settimana, scriveva soddisfatto al Remondini "ho tirato più di 300 zecchini tra stampe miniate e nere".

I souvenir, eredità odierna. Anche l'imperatrice Caterina II di Russia, pur non essendo mai venuta a Roma, fu sua cliente: acquistò infatti la serie di 26 tavole, incise e acquarellate, che riproducevano le Logge vaticane di Raffaello. Ne rimase così ammirata da fare un voto a "San Raffaello": promise che le avrebbe fatte riprodurre in grandezza naturale nella sua reggia di San Pietroburgo.

Un voto che le costò 60mila scudi romani. Quanto a Volpato, morì nel 1803, a 71 anni, lasciando un'impresa fiorente e una consuetudine – l'acquisto di souvenir – arrivata fino a noi.

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Di Silvia Büchi, tratto da Focus Storia 150 (aprile 2019). Leggi anche il nuovo Focus Storia in edicola!

12 dicembre 2021
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