Il 20 marzo è la Giornata mondiale della salute orale: scopriamo come è cambiato nei secoli il rapporto con i nostri denti attraverso l'articolo "Sorrida prego" di Elisa Venco, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Un sorriso a 32 denti. Ci sono voluti millenni perché la dentatura, da problema, diventasse un punto di forza: a grandi linee, quelli intercorsi tra il 3000-2500 a.C., epoca degli albori egizi dell'odontoiatria, e il 1936, anno in cui il bestseller del motivatore statunitense Dale Carnegie Come trattare gli altri e farseli amici indicava in un sorriso a 32 denti "il presupposto indispensabile per avere successo in qualunque rapporto di amicizia, relazione sentimentale o accordo commerciale".
Santa Apollonia. Tra questi estremi cronologici sono cambiate innanzitutto le conoscenze mediche che, di pari passo con l'evolversi delle tecniche odontoiatriche, hanno reso accettabili procedure a lungo associate al tormento, come l'estrazione dei denti, praticata in modo così brutale da essere impiegata per martirizzare santa Apollonia, morta nel 249 d.C. e oggi patrona dei dentisti e degli odontotecnici.
Moda parigina. Ma, al progredire delle cure, si è aggiunto ciò che lo storico inglese Colin Jones ha definito "la prima rivoluzione del sorriso": a partire dal XVIII secolo, un sorriso smagliante non era più segno di rozzezza e ferocia, come si è ritenuto in alcuni precedenti periodi storici, bensì di empatia e intelligenza. Così, se nelle Regole del decoro e della civiltà cristiana (1703) il pedagogo Jean-Baptiste de La Salle argomentava che "se Dio avesse voluto che i denti venissero esposti non ci avrebbe dato le labbra", poco più di un secolo più tardi, per i parigini eleganti farne mostra divenne un must, pur se al costo di qualche seduta dal dentista. Moda che poi si diffuse anche nel resto d'Europa.
Mal di denti. Nella storia della cura dei denti, il ruolo più significativo lo ha giocato l'odontoiatria, che sin dai suoi esordi ha cercato di identificare le cause delle malattie dentali e di trovare i modi per curarle e prevenirle. Rispetto alle cause del mal di denti, per secoli ne è stata ipotizzata una sola: un verme all'interno di molari e canini. La prima menzione della "leggenda del verme" si trova in una tavoletta sumera del 5000 a.C. ma è presente, con leggere varianti, anche nell'antica Cina, in Egitto e Giappone.
Arriva il dentista. La smentita arrivò con la pubblicazione a Parigi nel 1728 del trattato di Pierre Fauchard (Le Chirurgien Dentiste ou Traité des Dents): fu lui il primo professionista a definirsi dentista.
«Fauchard voleva che quell'appellativo fosse un termine di distinzione in due sensi: un elogio della professione, ma anche un taglio netto con il passato», spiega lo studioso inglese Richard Barnett nel saggio Il sorriso rubato (Logos Edizioni) che racconta la storia dell'odontoiatria.
Cavadenti. Era un modo per prendere le distanze da cavadenti come Le Grand Thomas, un ciarlatano che operava sul parigino Pont- Neuf con l'inquietante motto "il dente o la mascella" e faceva accompagnare le sue estrazioni (anche per coprire le urla dei pazienti) dal suono di violini e trombe. Fauchard nel suo trattato descrisse l'anatomia del cavo orale, sviluppò nuovi strumenti per le estrazioni e metodi per fissare i denti finti alle gengive. Con lui nasceva la figura dello specialista, che nel tempo divenne sempre più richiesto dai ceti elevati. Erano nobili e ricchi, infatti, a patire maggiormente il mal di denti, perché la loro dieta ricca di zuccheri li esponeva ai danni della carie.
Torture reali. Carie, dolori e denti neri in passato affliggevano anche i sovrani. Sfoggiava, per esempio, un bel sorriso "fumo di Londra" la regina Elisabetta I d'Inghilterra: "Un difetto che è frequente presso gli inglesi, dato il loro elevato consumo di zucchero", rilevava il rapporto di un nobile tedesco. Nel dicembre 1578, tormentata da un dolore incessante, la regina prese in considerazione la possibilità di farsi estrarre un dente. Ma, spaventata dall'operazione, si convinse solo quando il vescovo di Londra, John Aylmer, se ne fece togliere uno davanti a lei: un atto di particolare galanteria, se si considera che il prelato ne aveva pochi in bocca.
Il martirio del re Sole. In Francia toccò a Luigi XIV conoscere le sofferenze che un cavadenti incompetente poteva causare. Nel 1685 il medico di corte, Antoine d'Aquin, estrasse i pochi molari che rimanevano al Re Sole nell'arcata superiore destra. I denti però si rivelarono più saldi del previsto e al termine della procedura insieme a loro venne via una grossa porzione di mascella, provocando un buco nel palato che arrivava ai seni nasali. La ferita guarì ma, come annotò d'Aquin, ogni volta che il re beveva o faceva i gargarismi, il liquido gli risaliva dal naso "da dove sgorgava come una fontana". La ferita fu curata con 14 cauterizzazioni e ci sarebbero voluti mesi perché il paziente ricominciasse a mangiare normalmente.
L'uso del dentifricio. La preoccupazione di una bocca fresca e pulita non nasce oggi.
Anzi: ogni civiltà ha creato i suoi supporti per l'igiene orale. A cominciare dal "dentifricio" egiziano composto di salgemma, menta, iris e pepe, "passando" per i bastoncini masticati dai cinesi con i quali eliminavano i residui di cibo dai denti. I Greci prediligevano l'alloro (il cui olio essenziale è effettivamente antisettico), mentre nel Medioevo si ricorreva a collutori a base di vino o aceto.
Arriva l'igiene. I primi spazzolini in senso moderno, cioè con le setole, fecero la loro comparsa in Cina attorno al secolo IX (e secondo altre fonti più tardi ancora): si trattava di setole di maiale fissate a una canna di bambù o a un osso. In Europa si preferì sostituirle con penne di volatile o crine di cavallo, più morbide.