Il palombaro, cioè quella persona che, munita di scafandro, si immerge per operare sott’acqua, è quasi scomparso, rimpiazzato dai moderni subacquei.
Lo scafandro più comune, quello flessibile (con elmo di 20 kg, vestito di tela gommata di 5 kg, un paio di scarpe con suole di piombo di 15 kg e due piombi per un totale di 35 kg), impone infatti di respirare a pressione ambiente (quindi consente di raggiungere profondità limitate) e inoltre, non essendo dotato di pinne, riduce le possibilità di movimento. Gli unici a utilizzarlo ancora sono alcuni raccoglitori di spugne oppure le accademie militari a scopo addestrativo.
Diverso il discorso per lo scafandro rigido, nato per sopportare la pressione dell’acqua e quindi adatto a immersioni anche di 500 metri. Questo scafandro pesa complessivamente 250 kg: è costituito da una sorta di “botte” di ferro con due braccia e due gambe metalliche attaccate al corpo centrale per mezzo di articolazioni sferiche. In Italia la Marina Militare possiede alcuni di questi scafandri che utilizza per portare soccorso a sommergibili affondati, nel recupero di siluri o in prove simulate; mentre nell’industria petrolifera off-shore scafandri rigidi sono utilizzati principalmente per controlli sui fondali più alti.