L'ha chiesto venerdì scorso il New Yorker ai suoi lettori nella rubrica di Ben Greenman Questioningly. Il titolo, ispirato all'omonima canzone dei Ramones, è traducibile letteralmente con qualcosa tipo "domandosamente".
Si tratta di un appassionante appuntamento settimanale dove tutti sono chiamati a rispondere su Twitter, con l'hashtag #tnyquestion, alle domande più disparate, come: «quale parola elimineresti dalla lingua inglese?» o «a quale membro dei Beatles hai pensato di recente e perché?» o «quale nuova fobia conieresti?». Il quesito viene posto il venerdì e il lunedì successivo la redazione sceglie il vincitore, ma vale la pena spulciare tra tutte le risposte, perché si trovano delle chicche di sagacia, ironia e perfino di poesia.
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Un assolo di kazoo, avvolto nella pancetta
Come hanno risposto dunque i lettori del Newyorker a questa meta-domanda? Per alcuni, Twitter è «stare insieme da soli», «un disturbo comunicativo», «un'enorme orchestra dove ognuno ha a disposizione quando lo desidera un assolo di kazoo di 140 secondi», «il "tutto a un euro" nel mercato delle idee». Insomma, anche in questo caso il social dei cinguettii non esce indenne dalle critiche, ma, soprattutto, non ne escono indenni i suoi utilizzatori, che come in altre piattaforme sociali, rischiano di esporsi troppo ed essere sbeffeggiati, sempre in bilico tra il bisogno di socializzare e di chiudersi in se stessi, incapaci di comunicare e scrivere in modo corretto, ma soprattutto, come suggerisce @jaelmchenry, vittime e artefici di quello che secondo lui è «un indovinello avvolto in un enigma avvolto in errori di ortografia avvolti nella pancetta».
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And the winner is...
Ma la risposta delle risposte, ovvero la vincitrice della settimana, è stata quella di @SamTheBearJew che con un simpatico paradosso ha descritto puntualmente ciò che Twitter ormai rappresenta per molti, ossia: "logorrea, in breve". A questo punto, la domanda sorge spontanea: come definireste voi Twitter, in un tweet?