Il nome di Giuda, molto usato nel Medioevo, in ebraico significa "lodato", anche se può sembrare paradossale, per l'uomo diventato simbolo dell'infamia per eccellenza. Nei Vangeli, su Giuda, ci sono poche notizie. Giovanni scrive che "era figlio di Simone" (Gv 6: 71) e che tra i Dodici apostoli svolgeva non troppo onestamente il suo ruolo di tesoriere (Gv 12: 6). Senza aggiungere altro.
Fama universale. Eppure la sua vicenda nel Medioevo ha avuto un successo travolgente ed è stata raffigurata centinaia di volte. Una delle rappresentazioni più famose probabilmente è quella fatta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, all'inizio del '300. Ma non è l'unica: è in buona compagnia con il Ciclo della passione di Lorenzetti ad Assisi o con il Bacio di Giuda di Cimabue e di Beato Angelico.
Monito. Il perché di questo proliferare di immagini è chiaro: il richiamo a Giuda aveva un valore simbolico enorme in un'epoca dominata dagli eretici. Ma non erano loro gli unici destinatari del messaggio morale legato a Giuda: il suo nome tornava per connotare i nemici della fede, gli infedeli: ottomani o saraceni, genericamente islamici.
Tutta colpa di Dante. Non è un caso, infatti, se nel Canto XVIII dell'Inferno Dante descrive Maometto squarciato e storpiato proprio come Giuda viene rappresentato negli Atti degli Apostoli. Ed è proprio Dante, fiorentino, che insieme a Giotto e Lorenzetti inchioda Giuda nel ruolo del traditore per antonomasia. Nel cuore del Medioevo compone la Divina Commedia e infila Giuda nella bocca centrale di Lucifero, accanto a Bruto e Cassio.