Da oggi per fare diverse copie di un documento non c’è bisogno di riscriverlo più volte: l’inglese Robert Wedwood brevetta la carta carbone.
La prima versione prevede due fogli di carta assorbente messi uno sull’altro con in mezzo un foglio di carta sottilissima impregnata di inchiostro. Più tardi il foglio impregnato di inchiostro sarà sostituito con una carta plastificata su cui sarà depositata un leggerissimo strato di carbone.
Nel 1938 un impiegato americano dell’ufficio brevetti, tale Chester F. Carlson, stufo della carta carbone cominciò a pensare a un sistema per la riproduzione “automatica” dei documenti. Per lui infatti, miope e con una grave forma di artrite alle mani, il lavoro di copiatura dei disegni per l’archivio dell’ufficio brevetti era un incubo.
Realizzò la prima rudimentale fotocopia della storia nel retro di un salone di bellezza, usando la polvere di zolfo e una lastra di zinco e esponendo il tutto alla luce.
Le prime macchine fotocopiatrici furono prodotte negli anni ’50, anche se la diffusione estesa avverrà dieci anni più tardi.