L’esperimento richiede uno speciale apparecchio che permette di collocare l’oggetto da fotografare nel campo elettrico tra due elettrodi, ma non a contatto di essi. Condizione essenziale per la riuscita è che tutto avvenga nel buio più completo e che l’oggetto sia a contatto con la pellicola fotografica.
Per ottenere l’effetto, tra i due elettrodi viene provocata una scarica elettrica di circa duemila volt. Per un tempo brevissimo la scarica ionizza i gas presenti nell’aria intorno all’oggetto, questa ionizzazione impressiona la pellicola e si rivela poi nella fotografia sotto forma di suggestivi aloni colorati di varie sfumature.
I colori dipendono dai gas: il neon dà l’arancione, l’azoto dà il blu, l’ossigeno il giallo. Altri fattori possono poi influire sui colori: umidità, voltaggio, tipo di pellicola usata.
Il fenomeno (scoperto nel 1937 dal russo Semyon Davidovich Kirlian, meccanico di macchine fotografiche) non ha nulla a che vedere con bioenergie, aure vitali e cose simili, tanto è vero che si manifesta anche con oggetti di metallo e, con opportuni adattamenti, è usato anche in diverse industrie per controlli e verifiche sulle caratteristiche di molti materiali.