Quella di scrivere oscenità e disegnare simboli pornografici sulle pareti delle toilette approfittando dell'anonimato e dell'inviolabilità del luogo (oltre che dell'assenza di sistemi di videosorveglianza) è un'usanza universale, battezzata "latrinalia" dall'antropologo americano Allan Dunes. Un costume che attraversa culture e confini geografici accomunando i bagni pubblici delle metropolitane o delle stazioni di servizio di ogni città, da Tokyo a Los Angeles, ma che si usava anche nell'antichità: lo dimostrano i graffiti pornografici incisi sui muri delle terme di Pompei o delle latrine romane.
Infantilismi. Risalire all'identità dei loro anonimi autori è difficile, è possibile però tracciarne un identikit psicologico: parolacce e disegni osceni nasconderebbero non desideri trasgressivi ma personalità infantili che approfittano della nudità associata al luogo per dare libero sfogo a pulsioni regressive esibizionistiche normalmente nascoste. A rivelarlo è la sovrapposizione (con ogni probabilità inconscia) che viene fatta dagli autori dei graffiti tra le funzioni "escretorie" e quelle "sessuali", anatomicamente vicine: è questa una caratteristica tipica di uno stadio sessuale infantile.