Accordo raggiunto tra Fiat e Chrysler. Chi ha comprato cosa, chi comanda e chi ci guadagna. (11 giugno 2009)
Dopo mesi di trattative, stop imposti dalla Corte Suprema americana e snervanti attese, Sergio Marchionne ce l’ha fatta e da ieri sera è Amministratore Delegato del 6° gruppo automobilistico mondiale. Ma a poche ore dallo storico accordo, reso pubblico ieri sera, sono in molti a domandarsi se l’unione tra le due aziende sarà davvero così conveniente per la casa di Torino. Ma andiamo con ordine.
Chi ha comprato cosa? Da ieri Chrysler ha formalmente ceduto tutti i propri beni ad una nuova società che si chiama Chrysler Group LLC. Chrysler Group ha assegnato a una controllata di Fiat una quota del 20% della partecipazione nella nuova società. La quota di Fiat aumenterà progressivamente fino ad un totale del 35% subordinatamente al raggiungimento di determinati obiettivi previsti dall’accordo. Tuttavia Fiat non potrà ottenere la quota di maggioranza di Chrysler fino a quando i debiti derivanti dai finanziamenti pubblici ottenuti dall’azienda americana non saranno stati interamente rimborsati. Contemporaneamente, la United Auto Workers’ Retiree Medical Benefits Trust, associazione volontaria di ex dipendenti, ha ricevuto una partecipazione del 55% di Chrysler Group. Al Dipartimento del Tesoro statunitense e al Governo canadese sono state assegnate quote rispettivamente dell’8% e del 2%. Queste percentuali riflettono le quote di partecipazione che saranno detenute da ciascuno dei soci, se e quando Fiat maturerà il diritto ad aumentare la propria partecipazione avendo raggiunto gli obiettivi fissati.
Chi comanda. La nuova Chrysler sarà guidata da un Consiglio di Amministrazione composto da tre amministratori nominati da Fiat, tra i quali Sergio Marchionne (Amministratore Delegato di Fiat S.p.A.) in qualità di Amministratore Delegato, quattro nominati dal Dipartimento del Tesoro statunitense, uno dal Governo canadese e uno dalla United Auto Workers’ Retiree Medical Benefits Trust. Il Consiglio dovrebbe nominare Presidente Robert Kidder.
Perchè l’hanno fatto. Per Fiat questo accordo rappresenta un’occasione unica per entrare nel mercato americano. Come dichiarato poco tempo fa dallo stesso Marchionne, la nuova Fiat – Chrysler dovrebbe arrivare a produrre almeno 6 milioni di vetture l’anno rispetto agli attuali 4 milioni. "I punti di forza che in primo luogo ci hanno spinto verso questa alleanza, sono una casa automobilistica mondiale con tecnologie di primo livello, dipendenti motivati, una maggiore efficienza, una rete distributiva globale ed un fortissimo desiderio di costruire vetture che i consumatori vogliono", ha commentato Marchionne.
C’è chi dice no. Ma non mancano gli scettici: oggi le due aziende perdono circa 30 milioni di euro di cassa al giorno a testa. E secondo gli analisti di Morgan Stanley questi numeri porteranno il debito di Fiat a 9,9 miliardi di euro entro il 2010: uno sproposito se paragonato all’EBITDA (l’utile al lordo delle imposte) di 2 miliardi previsto per il 2009. Insomma, a guadagnare di più da questa intesa sembra essere proprio Chrysler, grazie all'utilizzo della tecnologia italiana ( piattaforme e soprattutto motori) offrendo in cambio ben poco vista la sua situazione al limite del collasso.
Accordo raggiunto tra Fiat e Chrysler. Chi ha comprato cosa, chi comanda e chi ci guadagna. (11 giugno 2009)
Dopo mesi di trattative, stop imposti dalla Corte Suprema americana e snervanti attese, Sergio Marchionne ce l’ha fatta e da ieri sera è Amministratore Delegato del 6° gruppo automobilistico mondiale. Ma a poche ore dallo storico accordo, reso pubblico ieri sera, sono in molti a domandarsi se l’unione tra le due aziende sarà davvero così conveniente per la casa di Torino. Ma andiamo con ordine.
Chi ha comprato cosa? Da ieri Chrysler ha formalmente ceduto tutti i propri beni ad una nuova società che si chiama Chrysler Group LLC. Chrysler Group ha assegnato a una controllata di Fiat una quota del 20% della partecipazione nella nuova società. La quota di Fiat aumenterà progressivamente fino ad un totale del 35% subordinatamente al raggiungimento di determinati obiettivi previsti dall’accordo. Tuttavia Fiat non potrà ottenere la quota di maggioranza di Chrysler fino a quando i debiti derivanti dai finanziamenti pubblici ottenuti dall’azienda americana non saranno stati interamente rimborsati. Contemporaneamente, la United Auto Workers’ Retiree Medical Benefits Trust, associazione volontaria di ex dipendenti, ha ricevuto una partecipazione del 55% di Chrysler Group. Al Dipartimento del Tesoro statunitense e al Governo canadese sono state assegnate quote rispettivamente dell’8% e del 2%. Queste percentuali riflettono le quote di partecipazione che saranno detenute da ciascuno dei soci, se e quando Fiat maturerà il diritto ad aumentare la propria partecipazione avendo raggiunto gli obiettivi fissati.
Chi comanda. La nuova Chrysler sarà guidata da un Consiglio di Amministrazione composto da tre amministratori nominati da Fiat, tra i quali Sergio Marchionne (Amministratore Delegato di Fiat S.p.A.) in qualità di Amministratore Delegato, quattro nominati dal Dipartimento del Tesoro statunitense, uno dal Governo canadese e uno dalla United Auto Workers’ Retiree Medical Benefits Trust. Il Consiglio dovrebbe nominare Presidente Robert Kidder.
Perchè l’hanno fatto. Per Fiat questo accordo rappresenta un’occasione unica per entrare nel mercato americano. Come dichiarato poco tempo fa dallo stesso Marchionne, la nuova Fiat – Chrysler dovrebbe arrivare a produrre almeno 6 milioni di vetture l’anno rispetto agli attuali 4 milioni. "I punti di forza che in primo luogo ci hanno spinto verso questa alleanza, sono una casa automobilistica mondiale con tecnologie di primo livello, dipendenti motivati, una maggiore efficienza, una rete distributiva globale ed un fortissimo desiderio di costruire vetture che i consumatori vogliono", ha commentato Marchionne.
C’è chi dice no. Ma non mancano gli scettici: oggi le due aziende perdono circa 30 milioni di euro di cassa al giorno a testa. E secondo gli analisti di Morgan Stanley questi numeri porteranno il debito di Fiat a 9,9 miliardi di euro entro il 2010: uno sproposito se paragonato all’EBITDA (l’utile al lordo delle imposte) di 2 miliardi previsto per il 2009. Insomma, a guadagnare di più da questa intesa sembra essere proprio Chrysler, grazie all'utilizzo della tecnologia italiana ( piattaforme e soprattutto motori) offrendo in cambio ben poco vista la sua situazione al limite del collasso.