Chi ha detto che i videogame devono divertire e basta? La Mindhabits, società che fa capo alla McGill University di Montreal, ha creato Booster, il primo videogioco terapeutico. Da usare secondo le avvertenze.
Sicuro di saper sempre distinguere a colpo sicuro un'espressione amichevole da una ostile o indifferente? |
«Che ce l'hai con me?», diceva De Niro davanti allo specchio in Taxi Driver... Meno male che a quei tempi non c'era Booster, il videogame creato per combattere stress e paranoia, o ci saremmo persi un mito. Funziona così: devi trovare, nel più breve tempo possibile, l'unico volto sorridente tra diversi gruppi di 16 foto per imparare a riconoscere al volo i segnali di approvazione che ti arrivano da altre persone.
Un sorriso vale più di mille parole
Questa "semplice" capacità accrescerebbe l'autostima e metterebbe fuori combattimento gli ormoni dello stress. Di questo sono assolutamente convinti i ricercatori dell'università canadese, che in più sostengono che Booster deve essere preso come una vera e propria terapia, da seguire con regolarità e per almeno 10 minuti al giorno. I patiti degli "sparatutto" sono delusi? C'è una buona notizia anche per loro.
Occhio alla mira
I ricercatori dell'Università di Rochester hanno dimostrato che applicarsi a videogiochi ad alto tasso d'azione per un'ora al giorno, migliorerebbe le capacità visive del 20%. Lo studio è stato condotto su due gruppi di studenti: il primo alle prese con Unreal Tournament (sparatutto forsennato), il secondo con Tetris. Ebbene, dopo un mese il "gruppo unreal" ha mostrato un netto miglioramento nei test sulla capacità di distinguere i dettagli, perché «i giochi d'azione», spiega Daphne Bouvalier, docente di scienze cognitive, «cambiano il modo in cui il cervello elabora i segnali visivi». Insomma, spara che ti passa... la miopia.
(Notizia aggiornata al 28 febbraio)