Con il doodle di oggi Google celebra il professor Kanō Jigorō in occasione del suo 161° compleanno. Kanō Jigorō è il "padre del judo". Il nome judo significa "via gentile" ed è una disciplina sportiva basata su principi come la giustizia, la cortesia, la sicurezza e la modestia.
Prima il jujutsu. Kanō Jigorō nacque il 28 ottobre 1860 a Mikage, un villaggio di mare vicino a Kōbe, in Giappone. Fin da giovane si dedicò a diverse discipline sportive, tra cui il baseball, finché si interessò al jujutsu, una disciplina molto praticata nel periodo feudale in Giappone: iniziò a studiarla attraverso "libri segreti" che acquistò nei mercatini e cominciò ad allenarsi da solo. Il padre si oppose alla sua richiesta di iscriversi a una scuola di arti marziali (dojo) e soltanto quando si trasferì a Tokio per frequentare l'università poté dedicarsi alla pratica del jujutsu, sotto la guida di un ex samurai.
Kanō vedeva l'arte marziale come un modo per unire le persone, anche mentre gettava gli avversari sul tappeto.
L'idea di Kanō Jigorō. L'idea del judo gli venne durante un incontro nel quale Kanō Jigorō usò una mossa di arti marziali occidentali per mandare al tappeto un avversario molto più prestante di lui. Così pensò di eliminare le tecniche più pericolose del jujutsu, creò il "judo", uno sport sicuro e cooperativo basato sulla filosofia personale del "massimo uso efficiente dell'energia" (Seiryoku-Zeny) e della "reciproca prosperità di sé e degli altri" (Jita-Kyoei).
Ma la "filosofia" judo è racchiusa in una serie di principi espressi dalle parole stesse del fondatore Kanō Jigorō:
"Sarei felice di vedere applicati in futuro i principi del judo a tutte le forme di comportamento umano e di sapere che su tale argomento vengono condotte delle ricerche".
"La via inizia con il dare e prosegue nello stare insieme per crescere e progredire"
"La collaborazione tra l'allievo e l'nsegnante e tra i praticanti durante lo studio delle tecniche, va in una direzione che, attraverso il reciproco aiuto ed il mutuo rispetto, porta al miglioramento delle capacità di relazioni personali, sociali e morali; questo, se assimilato interiormente, può essere applicato anche nella società in cui viviamo, migliorandola"
e attraverso concetti come la "non resistenza" o la "flessibilità".
La stessa parola "ju-do " è formata infatti da due ideogrammi, "ju" che significa non-resistenza, dolcezza e "do" ceh vuol dire cammino, via.
traduce con cammino o via. È la non-resistenza dunque il concetto chiave di questa disciplina: non opporsi alla forza contraria, ma cedere per poi controllarla, squilibrarla e soverchiarla con lo sforzo minimo.
Anche le donne. Nel 1882, Kanō Jigorō aprì il suo dojo (una palestra di arti marziali), il Kodokan Judo Institute a Tokyo, dove avrebbe continuato a sviluppare il judo per anni, accogliendo anche le donne a partire dal 1893.
Successivamente, tra gli anni '10 e i primi anni '30 del 1900, si dedicò alla diffusione del judo nel mondo, compiendo diversi viaggi. Non considerava il judo uno sport eppure si adoperò affinché fosse introdotto alle Olimpiadi perché questo avrebbe consentito di diffonderlo più facilmente in tutto il mondo. La sua convinzione, infatti, era che il judo fosse una via per migliorare l'uomo da un punto di vista morale oltre che fisico.
La morte. Kanō Jigorō morì a 77 anni in circostanze non del tutto chiarite il 4 maggio 1938, a bordo della nave SS Hikawa Maru, mentre era di ritorno a casa, in un momento in cui il Giappone si avviava verso la seconda guerra mondiale.
Dopo il conflitto mondiale il judo in Giappone fu vietato perché, secondo i detrattori, era pericoloso ed esaltava la guerra: furono proibiti libri, scritti e filmati sull'argomento fino agli anni '50, quando il judo fu riabilitato dal Comitato Olimpico Internazionale e tornò gradualmente a recupare la sua popolarità.