I sondaggi, al momento della pubblicazione di questo articolo, indicano un sostanziale pareggio tra i due candidati alle elezioni presidenziali americane, Hillary Clinton e Donald Trump. A fare la differenza saranno dunque gli indecisi, croce e delizia di ogni sondaggista, man mano che l'election day si avvicina. Ma non solo. Secondo la scienza anche alcune curiose e imprevedibili variabili potrebbero influire sul voto, come è già successo...
1. Se piove ci guadagna Trump
Alcuni ricercatori universitari di Scienze Politiche, tra cui Brad T. Gomez (University of Georgia), hanno monitorato il meteo in 3.115 contee nel corso di 14 elezioni presidenziali, per vedere se e come influenzava il risultato. Risultato? Precipitazioni superiori a quelle previste in quel periodo dell'anno spingono circa il 3,8 per cento dei votanti registrati a restare a casa. E quelli messi fuori gioco dal tempo sono quasi sempre elettori democratici.
Questo perché storicamente i democratici tendono ad attrarre gli “elettori periferici", cioè quelli con un basso impegno politico, e gli elettori poveri, che spesso non hanno un mezzo proprio di trasporto. Di fronte a piogge torrenziali, questi due gruppi raccolgono le persone con maggiori probabilità di rimanere a casa.


2. I disastri naturali avvantaggiano l’opposizione
Nel senso che più un Presidente - durante il suo mandato - avrà a che fare con uragani e disastri naturali, più le sue quotazioni scenderanno alle elezioni successive. E questo a prescindere da come fronteggia l’emergenza.
Uno studio condotto da Christopher Achen e Larry Bartels ci dice che gli elettori danno spesso la colpa al partito in carica per le catastrofi naturali, anche quando il governo si comporta bene. Nel 2000, l'amministrazione di Bill Clinton fece del suo meglio per fornire sollievo per una serie di siccità e inondazioni a livello nazionale. Eppure secondo Achen e Bartels i disastri sono costati ai democratici ben 2,8 milioni di voti, che forse avrebbero fatto la differenza nel portare Al Gore alla Casa Bianca. Come si spiega? I disastri naturali ci deprimono. Quando ci si sente depressi per un lungo periodo di tempo si tende a dare la colpa a chi ci governa, anche se razionalmente sappiamo che non si può controllare la forza degli elementi.
3. Se la squadra del cuore vince, l’opposizione ci rimette
Un team di economisti della Loyola Marymount University, diretti da Andrew Healy, hanno confrontato partite di football universitario dal 1964 al 2008 con le elezioni locali e nazionali, scoprendo che il partito di governo riceveva una spinta elettorale dello 0,8 per cento dove la squadra locale aveva vinto negli ultimi 10 giorni.
Addirittura, una vittoria inaspettata dava al partito di governo una spinta fino al 2,42 per cento. Lo studio è stato pubblicato nel numero di luglio 2010 di Proceedings of the National Academy of Sciences journal.


4. La paura della morte avvantaggia i conservatori
Strano, ma vero: affrontare il tabù della morte a ridosso delle elezioni, per esempio mostrando le immagini di un attentato nei notiziari, ha i suoi effetti sul voto. Nel 2004, un gruppo di psicologi della Rutgers University (abstract dello studio in inglese) ha sottoposto due gruppi di volontari a due narrazioni differenti (il primo è servito da gruppo di controllo). Il secondo gruppo, a cui era stata raccontata una storia che aveva a che fare con la morte, in una successiva intervista si mostrava più propenso a votare per George W. Bush (repubblicano) che per John Kerry (democratico). Forse dipende dal fatto che i conservatori negli Usa sono quelli che maggiormente battono sui tasti della sicurezza (specie dopo attentati e attacchi terroristici).
5. La faccia del candidato
Diversi studi hanno dimostrato che giudichiamo i candidati allo stesso modo in cui i bambini fanno scattare giudizi: guardando le loro facce e decidendo se ci ispirano fiducia. Lo confermano studiosi dell’Università di Losanna, che hanno chiesto a 684 studenti svizzeri di giudicare alcuni candidati al parlamento francese, che non conoscevano, esclusivamente dalle foto. Risultato: gli studenti hanno predetto il vincitore nel 72% dei casi, ammettendo che gli bastava osservarlo per stabilire se fosse o meno competente.
6. Se è donna, vale la cordialità
Uno studio della Northwestern University nel 2008 ha scoperto che gli elettori erano più propensi a votare per i candidati, maschi o femmine, che trovavano interessanti. Questo pregiudizio era molto più forte, tuttavia, quando i partecipanti allo studio di sesso maschile valutavano candidati di sesso femminile, a cui era richiesta anche cordialità, mentre ai candidati di sesso maschile era la competenza il fattore più importante.
Curiosità. Ma che cosa succede dopo le elezioni? Se il candidato per cui avete votato vince, a guadagnarci (si fa per dire) è... il vostro partner. Dopo le elezioni del 2008, uno studio della Duke University ha scoperto che gli elettori maschi di Barack Obama avevano livelli più alti di testosterone, e conseguente desiderio di avere rapporti sessuali, mentre i livelli degli elettori di John McCain erano insolitamente bassi. Questo addirittura potrebbe aver influenzato le successive nascite. Come è possibile? La sensazione di aver vinto fa sì infatti che nei maschi si abbia un aumento di testosterone, che li fa sentire più sicuri, forti e virili e ne aumenta la carica sessuale.
E questo vale soprattutto per le elezioni presidenziali, che sollecitano per mesi il tifo degli elettori, fino a spingerli a farne una questione personale.