L'uscita al cinema del film Captain Philips, ispirato alla storia di un arrembaggio di pirati somali a una nave container americana nel 2009, ha riportato la questione della pirateria dei mari sotto i riflettori. In realtà i bollettini marittimi non hanno mai smesso di parlarne da quando, all'inizio degli anni '90, sono avvenute le prime scorribande di pirati della Somalia (uno dei paesi più poveri del mondo). Le differenze rispetto al passato sono geografiche ed economiche: i pirati ora infestano anche altri mari, oltre al golfo della Somalia, e il riscatto chiesto per le navi requisite è aumentato di circa 5 volte. Ma una buona notizia c'è: gli attacchi sono diminuiti.
1. La situazione in Somalia ora
Nel 2009, anno in cui prende il via la storia di Captain Phillips, i pirati hanno attaccato 163 navi al largo della Somalia. Questo ha fatto sì che 25 paesi, tra i quali Stati Uniti, Corea del Sud, Singapore, Turchia e Nuova Zelanda, istituissero una forza navale per contrastarli, che ha avuto i suoi effetti. La sicurezza del Corno d'Africa è migliorata, sebbene si verifichino ancora attacchi nel Golfo di Aden, tra Yemen e Somalia. Ma i pirati somali non hanno smobilitato. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite hanno semplicemente cambiato business: ora offrono "protezione" alle navi di passaggio.
2. Le cause
Gli storici ritengono che il fenomeno della pirateria somala nasca anche come risposta alla pesca illegale e allo smaltimento dei rifiuti tossici al largo delle coste della Somalia, un paese povero già provato da una lunga e sanguinosa guerra. Secondo lo scrittore Jay Bahadur, autore di un libro sui pirati della Somalia e tra i massimi esperti in materia, «I contadini somali che vivono lungo la costa non hanno molte opzioni, certamente nessuna così redditizia come saccheggiare una nave da carico ben fornita».
3. Soldi
Un rapporto delle Nazioni Unite spiega che i prezzi dei riscatti sono aumentati considerevolmente negli ultimi anni. Nel 2008 dal rapimento di una nave e del suo equipaggio si poteva ottenere un milione di dollari, ma oggi si può arrivare fino a 5 milioni che saranno divisi tra decine di intermediari, capi clan, militari, pirati e funzionari corrotti.
4. La buona notizia...
Secondo la rivista The Diplomat, "i casi di pirateria marittima in tutto il mondo sono scesi a 138 nel corso del primo semestre di quest'anno, rispetto ai 177 casi nello stesso periodo dello scorso anno". Inoltre, in un anno sono scesi anche i casi di dirottamenti, con soli 7 episodi durante i primi sei mesi di quest'anno rispetto a 20 nel primo semestre del 2012. Il numero di ostaggi presi durante lo stesso periodo è passato da 334 a 127.
5. ... e quella cattiva
Una delle nuove zone a rischio pirateria è il Golfo di Guinea, sulla costa occidentale dell'Africa. La maggior parte degli attacchi sono verso le petroliere. I pirati rubano il petrolio da navi cisterna e lo rivendono sul mercato nero, ottenendo profitti considerevoli che finanzierebbero anche Al-Qaeda.
6. Gli eredi di Sandokan
Attacchi di pirati a navi da crociera e cargo sono all'ordine del giorno nel Sud-est asiatico, dove avviene il maggior numero di arrembaggi rispetto a qualsiasi altro luogo del pianeta. Le navi di predoni sono presenti soprattutto nelle acque indonesiane, dove si sono verificati circa 48 attacchi nei primi sei mesi del 2013. Circa un terzo del commercio mondiale si muove ancora attraverso lo stretto di Malacca, al largo delle coste malesi, quindi secondo gli osservatori non è una sorpresa che la pirateria continui a prosperare in quei luoghi.
6. Pirati messicani
Il Rio Grande, lungo il confine con il Messico, noto come Falcon Lake, ha visto una serie di incidenti di pirateria negli ultimi anni. Questi pirati sono per lo più membri dei clan della droga messicani che proteggono il loro territorio.
7. In Brasile
Il bacino del Rio delle Amazzoni ha lunghi tratti di corsi d'acqua scarsamente popolati che sembrano un invito ai criminali. Bande di uomini armati depredano battelli pieni di turisti e passeggeri inermi. Il Brasile ha creato una speciale task force per contrastarli, ma la conformazione geografica del fiume e le risorse limitate delle forze dell'ordine rendono il compito più arduo del previsto.
8. Come ci si difende
Molte navi da carico commerciali e persino alcune navi da crociera hanno messo a punto imponenti misure di sicurezza contro le minacce dei pirati, tra cui armi ipertecnologiche come il Long Range Acoustic Device (LRAD), un'arma sonica che può causare mal di testa e danni all'udito. Un'altro sistema di difesa molto usato è il cannone ad acqua. La US Air Force ha sviluppato il Dazzle Gun, un laser accecante. Eppure nessuna arma si è dimostrata efficace nel 100% degli attacchi di pirati e le compagnie di navigazione continuano ad esplorare nuove opzioni tecnologiche, come la schiuma speciale che può essere spruzzato sul ponte della nave per renderlo più scivoloso e un recinto di filo "caricato" a 9.000 Volt attorno alla nave.
9. Implicazioni/1
La pirateria non sortisce solo danni economici, ma anche effetti politici. L'Italia ne sa qualcosa, come dimostra il caso dei due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, arrestati in India due anni fa con l'accusa di aver sparato su due pescatori, scambiati per pirati, mentre prestavano servizio per difendere la petroliera Enrica Lexie.
10. Implicazioni/2
Di pirateria sono stati inizialmente accusati dalla magistratura russa i 30 militanti di Greenpeace che a ottobre hanno tentato un blitz di protesta verso una una piattaforma petrolifera di Gazprom, rea di cercare petrolio nell'Artico creando gravi danni all'ecosistema. Tra loro c'è anche il giovane biotecnologo italiano Cristian D'Alessandro, attualmente in prigione a Murmask. Il reato di pirateria in Russia è punito con 15 anni di carcere. L'accusa è stata in seguito commutata in "vandalismo", con una pena di 7 anni di carcere. Ma, a detta dei maggiori esperti di diritto internazionale, si tratta di accuse inconsistenti dal punto di vista giuridico, al punto che l’Olanda ha deciso di portare il caso Russia-Greenpeace davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare, previsto dalla Convenzione Onu sul Diritto del Mare.