Curiosità

10 cose che (forse) non sai sui codici a barre

Quando sono nati? Che significato hanno le linee bianche e nere? Si possono usare per scrivere poesie? E, soprattutto, che c'entra Banksy?

Alle 8 e 30 del mattino del 26 giugno 1974, per la prima volta, in un supermercato dell’Ohio (USA), veniva venduto un pacchetto di gomme da masticare, sulla cui confezione era stampato un codice a barre che, passato su uno scanner, ne mostrava il prezzo. Clyde Dawson, l’acquirente, non era consapevole che stesse facendo la storia. E invece quel gesto insignificante rappresentava il culmine di trent’anni di ricerche e sperimentazioni, che hanno cambiato definitivamente il modo di fare affari.

Ma la portata del codice a barre forse non la prevedeva neppure Norman Joseph Woodland, il geniale inventore che aveva sviluppato i primi, apparentemente misteriosi, codici lineari nel 1973. Le barre, oggi come allora, contenevano le informazioni sui prodotti e bastava uno scanner per leggerle, evitando che qualcuno dovesse batterli su un registratore di cassa, con conseguente risparmio di tempo (e denaro). E come tutte le invenzioni epocali, anche i codici a barre si portano dietro un bel po’ di curiosità.

1. BARRE, ma anche cifre. Nei codici a barre avrete notato che ci sono anche numeri; in particolare in quelli in uso in Europa e in Giappone ci sono 13 cifre: non sono messe a caso, ma con un preciso criterio. Le prime 3, per esempio, si riferiscono alla nazionalità del produttore (in Italia da 800 a 839), e sono seguite da altre che consentono di risalire al produttore e alla tipologia di articolo. Infine c'è il check digit, o codice di controllo, che chiude la sequenza: si ottiene con una formula che usa gli altri numeri e permette allo scanner di verificare se ha svolto bene il suo lavoro.

2. Il prezzo? Non c'è! Di primo acchito potrà stupire, eppure nei codici non c’è scritto il prezzo. O meglio, non è contenuto in modo "diretto": se così fosse, infatti, a ogni variazione bisognerebbe modificare il codice per aggiornarlo. In realtà il compito del codice a barre, in questo caso, è di permettere di rintracciare i prezzi su un database centrale (chiamato Price Look-up File): i codici restano uguali e "punteranno" sempre verso quella la voce del database che contiene il prezzo che, questo sì, sarà sempre aggiornato.

I primi condici a barre erano concentrici.

3. I primi erano circolari. Come molte altre invenzioni geniali, anche quella dei codici a barre ha richiesto tempo e... tentativi: Woodland, prima dei codici che conosciamo, ne aveva creati altri già nel 1949 assieme al collega Bernard Silver. Il primo modello però non usava le barre, ma… dei cerchi concentrici come rivela l’immagine in alto.

4. Il problema dello Standard. I codici a barre non sono tutti uguali: nel corso degli anni ne sono stati sviluppati diversi standard. Nei primi anni Settanta negli Usa fu introdotto il codice Universal Product Code (UPC) a 12 cifre seguito, poco dopo, in Europa, da un sistema analogo che fosse compatibile con l'UPC: lo standard in questo caso prese il nome di EAN, dal nome dell'associazione (European Article Association). Dopo alcuni anni di difficoltà di... comunicazione tra standard diversi, Europa, Usa e Gran Bretagna sono riusciti a trovare un punto di incontro nel 1990

per gestire congiuntamente gli standard mondiali. Oggi in Europa e Giappone si usano soprattutto i codici a barre EAN 13 (European article number con 13 cifre.

Banksy Barcode: l'uso del codice a barre in un'opera di Banksy.

5. Arte a barre. Negli ultimi anni i codici a barre sono diventati onnipresenti, sconfinando persino nelle opere d'arte. Nel 2004 li ha usati lo street artist Banksy, in una stampa che raffigura una tigre uscita dalla sua gabbia. La gabbia è appunto un codice EAN, dove le barre del codice si trasformano in quelle di una prigione. L’opera si intitola Bansky Barcode.

L’ironia è evidente e la storia di questo murales è curiosa: dipinto nei primi anni 2000 su un muro di Bristol, la sua città natale, è dapprima misteriosamente svanito nel 2010 durante la ristrutturazione completa dell’edificio che lo ospitava; ricomparve quattro anni dopo, acquistato da una persona in un mercato d'arte. Che fine aveva fatto nel frattempo? Pare che qualcuno, in occasione della ristruttrazione, lo abbia letteralmente staccato dal muro e tenuto nascosto sotto un letto per poi venderlo. Banksy ha utilizzato l'immagine del codice a barre in altre opere, anche sulle copertine di alcuni album musicali.

6. Poesie a barre. C'è chi ha usato i codici a barre (e i suoi "eredi" QR, vedi più avanti) persino per comporre poesie. In Rete se ne trovano diversi tentativi: si possono cercare, per esempio, con le parole chiave "barcode encoded poem" e leggerli con uno smartphone dotato di una app in grado di leggere questi codici. Il risultati non sono granché. La rivista Poetry Review ha pubblicato una poesia composta unicamente di frammenti di codici leggibili con uno scanner.

7. Quanti tipi esistono? Almeno 300 varianti, visto che dagli anni Settanta sono stati sviluppati simboli per specifiche applicazioni. I codici a barre lineari ci sono anche in versioni 2D e contengono una quantità molto maggiore di informazioni. Un esempio? Il Codabar, spesso usato nelle biblioteche, nei centri medici e dalle biglietterie aeree.

8. Come si leggono i codici a barre? Serve uno scanner, il cui aspetto è metà tra una pistola e un rasoio gigante. Questi scanner emettono una linea luminosa rossa sul codice a barre e ne leggono il riflesso con un sensore sensibile alla luce. Questo, per quanto riguarda i lettori "classici". Da qualche anno però si utilizzano anche fotocamere che inquadrano l'immagine dei codici a barre, in modo che un computer li analizzi e li converta in numeri: le app presenti sui cellulari funzionano in questo modo.

9. Le dimensioni NEL TEMPO. Oggi non ci soprendiamo più nel vedere che un dispositivo tascabile come uno smartphone, attraverso un’app, possa leggere un codice a barre. Solo qualche decina di anni fa, però, quando i primi codici a barre furono introdotti, nei supermercati divennero necessarie nuove casse elettroniche, talmente ingombranti, che l’addetto doveva stare in piedi. Pure i costi erano elevati: diverse migliaia di dollari per acquistare il registratore e altrettanti per il lettore.

10. QR. Si chiama QR la naturale evoluzione del codice a barre: mentre un codice a barre contiene solo informazioni in orizzontale, un codice QR contiene informazioni sia in orizzontale che verticale. Per questo un codice QR contiene centinaia di volte più informazioni di un codice a barre e si presta a molti più usi: è usate per esempio per pagamenti attraverso smartphone. Ed è proprio al boom degli smartphone, all'inizio del decennio scorso, che i QR devono il loro succeesso. Ma presto potrebbero essere superati entrambi da nuovi metodi di verifica basati sulla realtà aumentata.

27 febbraio 2019 Eugenio Spagnuolo
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