Arte

Tra musica e arte: le copertine d'autore

Dietro alcune delle copertine più famose di LP di gruppi musicali indimenticabili c'è il contributo di un grande artista: ecco la nostra scelta.

I dischi in vinile fanno la loro prima apparizione nel 1948: favorendo la diffusione della musica a tutti i livelli, sembrano essere il supporto ideale e incontrastato della musica stessa. Ma la musicassetta negli anni '70 e il CD a partire dagli anni '80 li mette rapidamente fuori gioco in quanto a praticità e comodità. Il vinile sembra così diventare un oggetto bizzarro, riservato ai musicofili più estremisti, se non fosse per l'inatteso aiuto artistico di molte delle copertine, che fin dagli anni '60 erano ideate per essere vere e proprie opere d'arte, che rappresentavano visivamente l'idea musicale del disco stesso (e hanno un ricco mercato di appassionati). Ecco la nostra personale selezione di otto delle cover più belle di quegli anni, con la loro storia:

  • Santana, Abraxas, 1970
  • Rolling Stones, Sticky Fingers, 1971
  • The Beatles, Abbey Road, 1969
  • Yes, Fragile, 1972
  • King Crimson, In The Court Of The Crimson King, 1969
  • Pink Floyd, The Dark Side of the Moon, 1973
  • Bruce Springsteen, Born in the U.S.A., 1984
  • Duran Duran, RIO single, 1982
La copertina di Abraxas (1970, Santana), fronte e retro, disegnata da Mati Klarwein.
La copertina di Abraxas (1970, Santana), fronte e retro, disegnata da Mati Klarwein.

Santana, Abraxas, 1970
Uscito nel 1970, la copertina di questo album leggendario riproduce un dipinto di Mati Klarwein, artista di origine ebraica fuggito con la famiglia a soli due anni dalla Germania nazista. Studiò pittura a Parigi, dove ebbe modo di essere introdotto all'arte di Salvador Dalí, Buñuel e al mondo del surrealismo. Quando Carlos Santana vide una riproduzione della sua Annunciation (del 1961) su una rivista, volle quell'immagine per la copertina di quello che è considerato il migliore disco dei Santana: un'immagine di grande impatto, con la Madonna nera e tutta una serie di simboli e metafore che sembravano immaginate proprio per quel disco. Per Mati Klarwein era il secondo successo in "ambito musicale", dopo Bitches Brew (1969, Miles Davis).

La copertina con la zip di Sticky Fingers (1971, Rolling Stones), ideata da Andy Warhol.
La "copertina con la zip" di Sticky Fingers (1971, Rolling Stones), ideata da Andy Warhol.

Rolling Stones, Sticky Fingers, 1971
Con questa cover entra in scena Andy Warhol: Mick Jagger, la più potente icona rock del '900, volle che la copertina del nuovo disco della sua band fosse creata da quello che considerava il più grande artista del secolo, e fu così che la cover del nuovo album dei Rolling Stones divenne la più famosa e irriverente di tutti i tempi. Per i Rolling Stones Warhol fotografa un paio di jeans in primo piano, focalizzandosi sull'inequivocabile sporgenza centrale su cui viene posta - sulla copertina - una vera zip, apribile. Può essere difficile da capire oggi, ma all'epoca fu uno scandalo, e in Spagna e in URSS (sebbene per motivi diametralmente opposti) la copertina venne censurata e sostituita, come anche alcuni brani del disco.

Si pensava che il soggetto dietro (o dentro) ai jeans fosse lo stesso Jagger, ma trapelò poi che si trattava di Joe Dallesandro, amante e modello di Warhol. Tutta la curiosità, la provocazione e l'irriverenza della copertina non fecero altro che renderla una delle più celebri della storia della musica.

La copertina di Abbey Road (1969, The Beatles): da una fotografia di Iain Macmillan.
La copertina di Abbey Road (1969, The Beatles): da una fotografia di Iain Macmillan.

The Beatles, Abbey Road, 1969
È una delle più famose copertine della musica pop. La sua peculiarità è che, delle cover dei Beatles, è l'unica in cui non compaiono né il titolo dell'album né il nome della band (che è riportato sul retro). La scena vede i quattro Beatles attraversare sulle strisce pedonali, a passo svelto, Abbey Road, la via di Londra dove hanno sede gli Abbey Road Studios, dove i Beatles incisero sempre i loro lavori. La foto è opera di Iain Macmillan, fotografo scozzese che aveva conosciuto Yoko Ono, moglie di Lennon, e che l'8 agosto 1969, dall'alto di una scala in mezzo alla strada, immortalò più e più volte la scena con i Beatles che camminavano avanti e indietro lungo le strisce pedonali. Fu poi scelto lo scatto in cui i quattro erano ben allineati, in marcia come per uscire dagli studi di registrazione. La cover ha dato il suo contributo per alimentare la leggenda della morte di Paul McCartney: Paul è fuori passo rispetto agli altri ed è scalzo (nel Regno Unito una tradizione vuole che i morti vengano sepolti scalzi); capofila è Lennon, con un incedere da gran sacerdote o da angelo, a seguire Ringo Starr in nero, da impresario delle pompe funebri, e in ultimo George Harrison in jeans, come un becchino. Il passaggio pedonale di quella foto è oggi una vera e propria attrazione turistica, quasi meta di pellegrinaggio per i visitatori che si mettono in posa per una foto ricordo sulle strisce pedonali più fotografate al mondo.

La copertina di Fragile (1972, Yes), fronte e retro, disegnata da Roger Dean.
La copertina di Fragile (1972, Yes), fronte e retro, disegnata da Roger Dean.

Yes, Fragile, 1972
Fragile fu il primo album degli Yes ad avvalersi dell'opera di Roger Dean, artista britannico che realizzò parecchie cover per la band - ben 22. Fra i suoi tratti caratteristici ci sono forme che si rispecchiano in numerosi elementi non correlati al paesaggio, come rocce che somigliano a piante che somigliano a nuvole..., ma anche la quasi completa assenza di figure umane o forme artificiali, la predilezione per le curve non del tutto simmetriche, l'uso di elementi paradossali (come la celebre cascata di Close to the Edge, del 1972).

La maggior parte delle opere di Dean è un mix di diverse tecniche, dall'acquerello all'inchiostro, dal carboncino al collage. La cover di Fragile raffigura un piccolo pianeta sul davanti: sul retro il pianeta comincia a frantumarsi e la gente deve fuggire nello Spazio su di una barca a vela di legno.

La copertina di Close to the Edge (1972, Yes), disegnata da Roger Dean.
La copertina di Close to the Edge (1972, Yes), disegnata da Roger Dean.
La copertina di In The Court Of The Crimson King (1969, King Crimson), fronte e retro, disegnata da Barry Godber.
La copertina di In The Court Of The Crimson King (1969, King Crimson), fronte e retro, disegnata da Barry Godber.

King Crimson, In The Court Of The Crimson King, 1969
La copertina di In the Court of the Crimson King è di Barry Godber, giovane programmatore di 23 anni, scomparso prematuramente l'anno successivo. La grafica per l'esterno della copertina (fronte e retro) rappresenta il volto di un uomo terrorizzato, con gli occhi sgranati per qualcosa che arriva dalla sua destra: l'uomo, con il volto sfigurato e lo zigomo e l'orecchio sproporzionati, che invadono il retro della copertina, è l'uomo schizoide del ventunesimo secolo di cui parla il primo brano dell'album. All'interno, invece, ecco un volto apparentemente calmo e sorridente, che mostra anche le mani, in posa ieratica: è il Re Cremisi, che per i King Crimson era Federico II di Svevia, l'Imperatore del Sacro Romano Impero (a.D. 1220) che avrebbe dovuto unire l'oriente e l'occidente: l'unione cercata dalla band era invece quella tra passato e futuro. Per l'originalità e la forza del disegno, e anche per via dell'assenza di informazioni sul fronte e sul retro, questa illustrazione è considerata una delle più significative della storia del rock, insieme al prisma di The Dark Side of the Moon (1973, Pink Floyd).

La copertina di In The Court Of The Crimson King (1969, King Crimson), interno, disegnata da Barry Godber.
La copertina di In The Court Of The Crimson King (1969, King Crimson), interno, disegnata da Barry Godber.
La copertina di The Dark Side of the Moon (1973, Pink Floyd), da un'idea di George Hardie e Storm Thorgerson (studio Hipgnosis).
La copertina di The Dark Side of the Moon (1973, Pink Floyd), da un'idea di George Hardie e Storm Thorgerson (studio Hipgnosis).

Pink Floyd, The Dark Side of the Moon, 1973
Pubblicato in vinile con una copertina disegnata da Hipgnosis (studio specializzato nella creazione di copertine per album musicali) e George Hardie: mostra sul davanti un prisma triangolare che rifrange e scompone un raggio. Hipgnosis aveva disegnato per la band altre copertine, che avevano però sollevato diverse critiche; la casa discografica, la EMI, non aveva apprezzato le immagini di Atom Heart Mother e di Obscured by Clouds (avrebbero preferito una grafica più tradizionale), ma gli illustratori, forti del fatto di essere sotto contratto con i Pink Floyd, ignorarono le richieste. Richard Wright, tastierista della band, per la cover aveva chiesto "qualcosa di elegante": dei sette disegni presentati il gruppo scelse il prisma, opera di Hardie e Storm Thorgerson (Hipgnosis). Erano rappresentati tre elementi: l'illuminazione dei concerti della band, i testi delle canzoni e la volontà di Wright di un progetto "semplice e audace". Il fascio di luce che esce dal prisma ha sei colori (manca l'indaco) e prosegue lungo l'interno della confezione dividendola orizzontalmente in due parti: in quella inferiore compaiono i testi delle canzoni, in quella superiore c'è l'elenco delle tracce e i crediti, mentre la linea verde oscilla come la traccia di un elettrocardiogramma.

In molte stampe, tra cui la prima statunitense, era presente un adesivo rotondo sulla busta di plastica trasparente del disco con il nome del gruppo e il titolo, riportati anche sulla costa: diverse prime edizioni furono infatti messe in commercio senza alcun riferimento su autore e titolo sulla copertina esterna.

La copertina di The Dark Side of the Moon (1984, Bruce Springsteen), da una foto di Annie Leibovitz.
La copertina di The Dark Side of the Moon (1984, Bruce Springsteen), da una foto di Annie Leibovitz.

Bruce Springsteen, Born in the U.S.A., 1984
Il settimo album di Bruce Springsteen ebbe un grandissimo successo, con 25 milioni di copie vendute solo negli USA. Dalla copertina emergono alcuni simboli che possono essere letti come tipicamente americani: Springsteen, di spalle, indossa dei blue jeans dai quali esce, da una tasca, un cappello da baseball; sullo sfondo, la bandiera americana. La foto scattata da Annie Leibovitz, fotografa e ritrattista di celebrità non solo musicali, generò però vari fraintendimenti e non fu compresa, come anche il testo del brano che dà il titolo all'album: chi non ascolta le parole con attenzione può infatti pensare che Born in the U.S.A. sia il canto di chi orgogliosamente rivendica le proprie origini. Ronald Reagan, durante la sua campagna elettorale per le presidenziali del 1984, avrebbe voluto utilizzare proprio quel brano come colonna sonora per i suoi comizi, ma Springsteen si rifiutò, ritenendola una distorsione del messaggio originale. Reagan, probabilmente fermandosi al titolo, l'aveva definita un "inno di speranza per il futuro del paese", ma la canzone mandava un messaggio ben diverso: Springsteen denunciava infatti il punto più basso toccato dal suo Paese, la guerra del Vietnam. Il duro risveglio di una nazione ingannata: un conflitto di cui vergognarsi e che portò solo traumi. Con Born in the U.S.A., nel giugno del 1984, Springsteen diede voce all'America più povera, a quella dei reduci e di chi non ha mai visto realizzarsi il suo "sogno americano".

La copertina del singolo RIO (1982, Duran Duran), da un disegno di Patrick Nagel.
La copertina del singolo RIO (1982, Duran Duran), da un disegno di Patrick Nagel.

Duran Duran, RIO single, 1982
Uscito come primo singolo del gruppo, che per la cover si avvalse ancora dell'artista americano Patrick Nagel (scomparso nel 1984), che aveva già illustrato l'omonimo album uscito qualche mese prima. Nato a Dayton (Ohio, USA), Nagel frequentò il Chouinard Art Institute di Los Angeles, prestigiosa scuola d'arte grafica fondata nel 1921. Il suo lavoro ricorda le xilografie giapponesi, con ampi campi di colore e tagli stravaganti, ma ha molto in comune anche con l'Art Déco degli anni '20. Le sue opere nascono sempre da una fotografia e procedono per sottrazione e semplificazione: le caratterizzano prospettive lineari, forme definite, colori a tinte piatte e spazi bianchi; il risultato è quello che molti hanno poi descritto come "realismo della fantasia".

23 maggio 2021 Mariangela Corrias
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