Arte

Il cervello e l'arte: che cos'ha di speciale la Ragazza con l'orecchino di perla?

Il capolavoro di Vermeer cattura lo sguardo senza farlo più uscire dal quadro: un affascinante studio su come percepiamo l'arte a livello neurologico.

Qualcuno si è spinto a definirla "la Monna Lisa del Nord": è la Ragazza col turbante, meglio nota come Ragazza con l'orecchino di perla, protagonista di uno dei dipinti più noti del pittore olandese Jan Vermeer (1632-1675). Che cos'è, a rendere questo ritratto particolarmente ipnotico e popolare? Il gioiello, forse, o l'inclinazione della luce, o la rara bellezza della donna? L'indiscutibile fascino del capolavoro dell'arte fiamminga potrebbe essere legato - ha trovato ora uno studio - al modo in cui il cervello reagisce davanti ad esso

A me gli occhi! La Mauritshuis, il museo de L'Aia (Paesi Bassi) che ospita il quadro, ha commissionato uno studio di neuroscienze all'agenzia di ricerca Neurensics per misurare l'impatto della visione di questo ritratto del 17esimo secolo sul cervello degli osservatori. Vermeer ha saputo sfruttare ad arte, nel progettarlo, un fenomeno ben noto agli psicologi, cioè il fatto che il cervello umano sia naturalmente attratto dai volti, e dall'espressione di occhi e bocca in particolare. Decifrando le emozioni della persona che vediamo, riusciamo infatti a indovinare le sue intenzioni e difenderci da eventuali minacce.

Impossibile guardare altrove. Vermeer ha fatto un passo in più: è riuscito a catturare lo sguardo dell'osservatore in un "ciclo di attenzione sostenuta", un loop ripetuto più volte in cui l'occhio si concentra prima sullo sguardo della ragazza, poi sulla bocca, quindi sul punto luce dell'orecchino, per poi ricominciare.

Il fatto di avere tre punti focali è proprio ciò che distingue questo da altri capolavori di Vermeer che ritraggono personaggi indaffarati in momenti di vita quotidiani. In questo caso, infatti, la ragazza fissa l'osservatore. Il risultato è che lo sguardo si sofferma sul dipinto molto più a lungo che su qualunque altro quadro esaminato.

Il loop attentivo in cui è coinvolto l'occhio dell'osservatore. © Mauritshuis Museum

L'effetto neurologico dell'arte. Gli scienziati, guidati dal neuroscienziato ed esperto di neuromarketing Martijn den Otter, hanno monitorato l'attività cerebrale di alcuni visitatori del museo che si sono prestati a indossare cuffie imbottite di elettrodi per la misurazione dell'attività elettrica del cervello (elettroencefalografia, EEG).

Il tracciamento oculare ha permesso di capire esattamente che cosa i soggetti stessero guardando. In un secondo momento, le stesse persone hanno potuto visionare i dipinti ammirati al museo anche in una serie di copie o riproduzioni non originali, mentre sedevano in uno scanner per risonanza magnetica (MRI) dell'Università di Amsterdam.

Qualcosa in più. Gli esami cerebrali, oltre a rivelare il loop attentivo prima accennato, hanno anche mostrato che la Ragazza con l'orecchino di perla stimola una maggiore attività cerebrale rispetto ad altre opere, in particolare nel precuneo, una regione cerebrale nei lobi parietali coinvolta nella capacità di riflettere su se stessi, di rievocare ricordi della propria vita passata e in alcune funzioni della coscienza.

Meglio gli originali. Infine (e in una perfetta campagna promozionale per il Mauritshuis) è emerso che guardare i dipinti originali sulle pareti del museo suscita una risposta emotiva nel cervello 10 volte più intensa rispetto alla visione di quelle stesse opere riprodotte, per esempio, su un poster. Un motivo in più per fruire dell'arte dal vivo, nei contesti espositivi.

7 ottobre 2024 Elisabetta Intini
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