"Napoleone" aveva 68 anni quando il compositore Richard Wagner si presentò al suo cospetto, nella sua residenza estiva a Passy, nei pressi di Parigi. Solo che quel napoleone non era il Bonaparte, morto 40 anni prima, ma Giovacchino Antonio Rossini, nato a Pesaro nel 1792 e residente ormai in Francia.
Come raccontava il critico musicale Davide Ielmini nello speciale di Focus Storia dedicato al Secolo d'oro dell'opera italiana (primavera 2013), era lui il signore incontrastato dell’opera lirica, l’autore del Barbiere di Siviglia, il genio che i suoi contemporanei consideravano, appunto, il “Napoleone della musica”. E quando Wagner venne a trovarlo, lui, Rossini, lo accolse tra i suoi fornelli.
MasterChef. Ormai si era ritirato dalle scene e si dedicava con devozione alla cucina, sua grande passione al pari della musica. Infatti, Gioachino Rossini era un artista che non separava mai il piacere della mente da quelli del corpo: un autore di “pancia” anche nelle sue opere.
A cominciare dal Barbiere di Siviglia, la sua composizione forse più rappresentata al mondo, un capolavoro “saporito”, coraggioso nell’abbinamento delle varietà dell’umana natura e farcito di tutto ciò che, dall’amore al denaro, soddisfa tanto l’uomo quanto la donna. Era il capolavoro di un musicista che, come dichiarò egli stesso a Wagner, aveva pianto nella sua vita solo due volte: quando ascoltò suonare Niccolò Paganini e quando, mentre attraversava il lago di Como in barca, un’oca ripiena di tartufi gli cadde nell’acqua.
Invidiato in tutta Europa. Quando scrisse il Barbiere di Siviglia, Rossini aveva solo 24 anni, ma era già un artista formato: il suo debutto come operista era infatti avvenuto a soli 18 anni, nel piccolo teatro San Moisè di Venezia, con La cambiale di matrimonio, ottimo successo e quindici repliche, e nel giro dei successivi sei anni aveva composto altri quindici melodrammi, tra i quali Tancredi, L’italiana in Algeri e Il turco in Italia.
I suoi contemporanei lo consideravano il più grande compositore dell’epoca, il prototipo del genio. “Lo invidio più di chiunque abbia vinto il primo premio in denaro alla lotteria della natura. Dopo la morte di Napoleone non si trova un altro uomo di cui si parli tutti i giorni a Mosca come a Napoli, a Londra come a Vienna, a Parigi come a Calcutta”, scrisse di lui Stendhal.
Cambio di libretto. L’incarico per il Barbiere gli fu affidato nel 1815 dal duca Francesco Sforza Cesarini per la stagione del Carnevale del 1816, da rappresentare al Teatro Argentina di Roma.
La stesura del libretto fu affidata a Cesare Sterbini, che si impegnò a completare il lavoro a tempo di record: scrivere il primo atto in 8 giorni e il secondo e ultimo in dodici, per poi collaborare con Rossini alla messa in scena.
Un fiasco. I due si misero presto a lavorare gomito a gomito. La trama del Barbiere non era nuova. Si ispirava alla commedia Barbier de Séville ou la Précaution inutile, andata in scena nel 1775 a Parigi e scritta da Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, un avventuriero che grazie alle ricchezze ottenute dal matrimonio con una vedova possidente (prima) e alle speculazioni finanziarie (dopo) riuscì a dare sfogo alle sue mire letterarie.
Il soggetto fu poi messo in musica dal napoletano Giovanni Paisiello nel 1782, con l’opera Il Barbiere di Siviglia, e da Wolfgang Amadeus Mozart nel 1786, con le Nozze di Figaro. Per musicare il libretto di Sterbini, Rossini predispose uno spartito di 600 pagine, una miniera di melodie e sorprese ottenute anche saccheggiando altri suoi precedenti lavori. Ma è il risultato che conta... E il risultato fu un clamoroso fiasco.
Rivoluzionario. D’altra parte il lavoro di Rossini era troppo rivoluzionario per un pubblico abituato al gusto settecentesco, quando l’opera seguiva regole ferree per quel che riguarda la struttura, e cioè la sequenza di recitativi, arie, tipologie diverse di cantanti. Aveva una struttura ispirata alla tragedia greca classica, e l’attenzione era rivolta più al rispetto delle regole e agli effetti speciali prodotti dalle macchine sceniche che ai personaggi.
Rossini rivoluzionò tutto questo. Ritmo e bel canto, per lui, erano al servizio di un libretto che aveva la forza di raccontare una storia vera e reale (come tanto piace al pubblico): le vecchie regole saltavano, mentre balzavano in primo piano i personaggi, e la musica non solo li accompagnava, ma li caratterizzava, li “dipingeva”.
Un uomo moderno. Il Barbiere di Rossini è originale anche nello sviluppo della trama. Il factotum della città, che tutti vogliono e del quale tutti chiedono, è un esperto ammaliatore in grado di gestire meglio di chiunque altro trappole e soluzioni ardite.
Figaro non è l’ingenuo e credulone “servitore” della commedia buffa del Settecento, ma un "imprenditore di se stesso", in grado con le proprie capacità di arrivare al guadagno e all’autoaffermazione. Un uomo moderno, insomma, pienamente ottocentesco, fatto anche di luce giovanile e impeto incontrollato.
I complimenti di Beethoven. Per tutti questi motivi, dopo il fiasco iniziale il Barbiere era comunque destinato a un futuro di successi, tanto da diventare nei secoli una delle opere più rappresentate al mondo.
Tutti - compositori, uomini politici, poeti e scrittori - si innamorarono della sua musica.
Ludwig van Beethoven, che nel 1822 incontrò il compositore, gli disse: “Ah Rossini, è lei l’autore del Barbiere di Siviglia? Le faccio i miei complimenti, è un’eccellente opera buffa; l’ho letta con piacere e mi sono divertito. Fino a che ci sarà un teatro d’opera italiano verrà eseguita. Non cerchi mai di fare altro che opere buffe; voler riuscire in un altro genere significherebbe forzare il suo destino”.
Ma il pesarese, che nel frattempo si era trasferito in Francia, lo smentì: a 36 anni compose il Guglielmo Tell, una gigantesca “opera seria” rappresentata a Parigi nel 1829.
In disparte. Dopo il Guglielmo Tell Rossini non scrisse altre opere. Preferì dedicarsi alla cucina, alla musica da camera e alla musica sacra. Fino al suo ultimo capolavoro che, sorprendentemente, è una messa, la Petite messe solennelle, del 1863, considerata dall’autore la sua creazione più intima e personale, una “messa da camera” piena di arditezze armoniche, melodiche e timbriche che strabiliò i giovani compositori del tempo.
Il Napoleone Rossini morì a Parigi il 13 novembre 1868. Quest'anno, a 150 anni dalla scomparsa, la regione Marche lo celebra con la "mostra diffusa" Rossini 150: tre importanti eventi a Pesaro, sua città natale, Fano e Urbino.