È chiamato Sacro Bosco, ma lo conoscono tutti come Parco dei Mostri. Si trova a Bomarzo, in provincia di Viterbo, e fu progettato e realizzato nel 1547 da Pirro Ligorio, un celebre architetto dell'epoca che aveva sostituito (seppur per poco) Michelangelo Buonarroti alla sua morte nella costruzione della Fabbrica di San Pietro. Un parco pieno di statue mostruose che, si dice, sia nato per superare la perdita dell'amata.
NATO "PER SFOGARE IL CORE". Il cuore spezzato era quello del principe Pier Francesco Orsini che coomissionò il parco in memoria della sua adorata moglie, Giulia Farnese. Forse l'intento fu quello di distrarre la mente dal dolore della sua perdita, come sfogo dell'animo per cacciare i peggiori mostri e "sol per sfogare il core", come riporta un pilastro del parco. Eppure le sue attrazioni sono cariche di simbolismi, con continui riferimenti alla mitologia e al mondo del fantastico, come se il tutto fosse un cammino allegorico, un percorso iniziatico di matrice alchemica.
Il parco si snoda su una superficie di tre ettari, attraverso un percorso fatto di grandi statue in basalto, edifici surreali, iscrizioni e indovinelli che sorprendono e disorientano continuamente: sirene, mostri marini, tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, falsi sepolcri e giochi illusionistici.
DA URLO. Il simbolo del parco è certamente l'Orco, in cima a una scalinata: un grande faccione di pietra con la bocca aperta in un urlo, sulle cui labbra si legge la scritta "Ogni pensiero vola". È una sorta di camera scavata nel tufo alla quale si accede attraverso alcuni gradini: all'interno sono collocate alcune panche e un tavolo.
La forma interna dell'ambiente fa in modo che le voci e i suoni rimbalzino sulle pareti, creando così un'eco dall'effetto spaventoso. Difficile non impaurirsi quando si entra poi in una piccola casa pendente costruita su un masso inclinato. Gli interni hanno una pendenza irregolare e il pavimento non è a novanta gradi rispetto ai muri, e questo provoca smarrimento e perdita dell'equilibrio in chi vi entra.
DIMENTICATO PER SECOlI. Dopo la morte del principe Orsini, gli eredi abbandonarono il parco. Solo 400 anni dopo, nella seconda metà del '900, gli intelletuali Giancarlo e Tina Bettini recuperarono tutto quello che oggi noi possiamo ammirare. Dai due giganti Ercole e Caco alla tartaruga sormontata da una donna, passando per la Vittoria Alata, poggiata solo con un piede su un globo, pronta a spiccare il volo. Ma anche la balena con la bocca spalancata, circondata dal movimento dell'acqua che scorre, o la fontana di Pegaso che, battendo il proprio zoccolo, si dice faccia nascere una sorgente.
Insomma, vedere per credere…
Per approfondire
H. Bredekamp, Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo. Un principe artista ed anarchico (Edizioni dell'Elefante);
M. Calvesi, Gli incantesimi di Bomarzo. Il Sacro Bosco tra arte e letteratura (Bompiani).