Michelangelo Merisi da Caravaggio fu il più influente pittore italiano del Seicento, nonché una delle più straordinarie figure che la storia dell'arte abbia mai avuto, autore di capolavori intensi ed emozionanti. In tutte le sue opere, anche in quelle a carattere religioso, mise in scena persone in carne ed ossa, figure vere e sanguigne, spesso colte tra la gente del popolo - come nel caso delle Sette Opere di Misericordia, dove il Vangelo ha il volto del popolo di Napoli.
Nella città partenopea Caravaggio giunse nel 1606, in fuga da Roma dopo un omicidio per il quale venne condannato a morte. A Napoli realizzò diversi dipinti importanti, e tra questi le Sette Opere di Misericordia: un dipinto enigmatico, forse tra i più turbolenti che Caravaggio potesse creare. L'enorme tela (320x260 cm) venne realizzata per l'altare maggiore della Chiesa del Pio Monte della Misericordia, dalla quale non venne mai rimossa.
In questa rappresentazione, per la prima volta in pittura tutti gli atti di misericordia corporale descritti nei Vangeli vengono raffigurati insieme, coordinati nella loro armonia, anziché separatamente. Ma ancora più nuovo è lo schema compositivo, con l'incalzare senza pause di gesti e di monumentalità della scena in uno spazio angusto.
L'opera è un racconto dipinto, ambientato nei bassifondi caotici, vitali e confusionari della Napoli a cavallo tra il XVI e XVII secolo, in cui echeggia un'umanità sofferente e dove convivono miseria e nobiltà, malattia e cura, peccato e perdono, disperazione e speranza. Ma, nel racconto, cielo e terra sono legati dalla Vergine col Bambino per affermare che le azioni del bene fatte in questo mondo sono una via privilegiata verso il Cielo. Un'opera che arriva dove forse le parole non sempre sono capaci di arrivare.
L'intero dipinto è presieduto dalla Vergine col Bambino, entrambi sorretti dalle grandi ali piumate di due angeli. A prima vista sembra che gli angeli si abbraccino, ma in realtà lottano tra di loro. Sono avvolti da panneggi: quello dell'angelo a sinistra è bianco, e simboleggia la luce, mentre l'altro è nero e indica le tenebre. In basso, sotto i loro occhi, si svolge la scena che, grazie all'incastro della gestualità delle figure, allude alle sette Opere di Misericordia: seppellire i morti, visitare i carcerati, dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, curare gli infermi, ospitare i pellegrini, dar da bere agli assetati.
A seguire, il dettaglio delle Opere di Misericordia nel dipinto di Caravaggio.
Seppellire i morti: nella parte destra è raffigurato il trasporto di un cadavere da parte di due persone, una delle quali è un diacono che regge una fiaccola. È quasi commovente il dettaglio dei piedi del defunto, ben illuminati, quasi a voler trasmettere un senso di dignità anche nella sua ultima ora.
Visitare i carcerati e dar da mangiare agli affamati: nell'episodio successivo si vede una giovane donna accanto a un vecchio che sporge il capo attraverso le sbarre di una finestra, mentre lei, a seno scoperto, lo allatta. C'è una storia nascosta in questa scenografia: quella di Cimone e Pero, tramandata dall'antica Roma. Si racconta che il vecchio Cimone fosse stato incarcerato e condannato a morire di fame. Allora, la figlia, Pero, lo andava spesso a visitare in carcere e lo allattava con il proprio latte, compiendo così una straordinaria inversione di ruoli e di età. Qui è da notare un dettaglio incredibilmente toccante: le gocce di latte sulla barba del vecchio.
Vestire gli ignudi e curare gli infermi: volgendo invece lo sguardo a sinistra, in primo piano scorgiamo un uomo vestito di abiti eleganti, con guanti e un bel cappello piumato. Al suo cospetto, a terra, c'è un uomo con la schiena nuda, di spalle, quasi a voler negare allo spettatore il suo viso. Lo sguardo è infatti rivolto verso la spada con cui l'elegante uomo sta tagliando il suo mantello. Anche in questo caso c'è una storia nascosta, quella di san Martino di Tours, che tagliò il suo mantello per vestire un povero. Ma non solo: dietro all'uomo con la schiena nuda, appena sopra la sua spalla sinistra, si intravedono appena anche le mani giunte di un altro personaggio, un infermo, un ammalato, di cui si vede anche parte di un piede (in basso a sinistra), assistito anch'esso dal nobiluomo.
Ospitare i pellegrini: dietro il cavaliere, al buio, emerge una conchiglia cucita su un cappello - è la conchiglia di San Giacomo (la capasanta), che identificava come pellegrino chiunque la portasse. Davanti a lui sta un uomo corpulento, forse un oste, che indica una direzione, quella del luogo dove potergli far passare la notte.
Dar da bere agli assetati: tra la figura del pellegrino e del suo interlocutore si propone in modo deciso un personaggio. I suoi tratti danno conto della sua forza: è Sansone che si sta dissetando dalla mascella di un asino.
Dietro la rappresentazione vi è la storia biblica che racconta di quando Sansone, nel deserto, si era abbeverato da una fonte d'acqua fatta miracolosamente sgorgare da Dio da una mascella d'asino.
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Per approfondire:
Cappelletti F., Caravaggio. Un ritratto somigliante, Electa, 2009;
D'Orazio C., Caravaggio segreto. I misteri nascosti nei suoi capolavori, Sperling & Kupfer, 2014;
Careri G., Caravaggio. La fabbrica dello spettatore, Jaca Book, 2017;
Schutze S., Caravaggio. L'opera completa, Taschen, 2021.