Anche gli scrittori più bravi e popolari possono essere vittime della sindrome del foglio bianco, descritta per la prima volta nel 1947 dallo psicoanalista Edmund Bergler: un blocco di natura psicologica che impedisce a chi scrive di proseguire nella stesura di un testo, a volte persino di concludere una
;-)
La storia della letteratura è anche la storia dei tentativi più o meno riusciti di arginare questa empasse, ricorrendo a rituali stravaganti… Eccone alcuni.
Sottosopra. Appendersi a testa in giù è per esempio la cura per il blocco dello scrittore scelta da Dan Brown, autore di best seller come Il Codice Da Vinci e Angeli e Demoni. Secondo Brown, la cosiddetta terapia di inversione, appeso a una barra a testa in giù, lo aiuta a rilassarsi e concentrarsi sulle parole. Più lo fa, più si sente sollevato e ispirato.

Un'altra insolita abitudine di Brown è quella di tenere una clessidra sulla sua scrivania. Allo scoccare di ogni ora mette da parte il suo manoscritto per fare flessioni e ginnastica. Se la cosa lo aiuti a scrivere è difficile dirlo, ma sicuramente lo aiuta a restare in forma.
Schede. Vladimir Nabokov, autore di Lolita, invece preferiva comporre le sue opere su bigliettini, che conservava gelosamente in alcune scatole. Questo metodo gli permetteva di scrivere le scene dei suoi romanzi in modo non sequenziale e riordinarle ogni volta che voleva. Ne aveva di pronti anche sotto il cuscino, caso mai gli fosse venuta un’idea durante il sonno.
Alla prova. Aaron Sorkin è lo sceneggiatore della serie tv The West Wing e Newsroom nonché del film The Social Network sulla nascita di Facebook. Sorkin, ha confessato di essersi rotto il naso durante la stesura di una sceneggiatura. Come è successo? Beh, lui ama ripetere i dialoghi delle sue storie davanti allo specchio, e una volta, si è lasciato andare un po’’ troppo, sbattendo la testa contro il cristallo. La trama evidentemente... lo aveva colpito. Oppure non era soddisfatto delle battute.
Nudo. Che dire di Victor Hugo? Autore di capolavori come I Miserabili, si costringeva a scrivere… senza vestiti. Quando si trovava ad affrontare l’imminenza della consegna del romanzo Notre-Dame de Paris, ordinò al suo domestico di confiscare tutti gli abiti in modo che non potesse lasciare la casa. Anche durante i giorni più freddi, nei quali per resistere Hugo si avvolgeva solo in una coperta mentre procedeva con la storia del gobbo di Notre-Dame.

Disteso. Truman Capote, a cui dobbiamo, tra gli altri, capolavori come A Sangue Freddo e Colazione da Tiffany, preferiva lavorare disteso: si narra che abbia scritto le prime bozze di ogni suo romanzo, racconto o articolo, sdraiato sul divano mentre beveva caffè, tè e, infine, cocktail (a seconda dell’orario).
E come Victor Hugo, anche lui talvolta scriveva mentre era nudo, ma più per comodità che per costrizione. Oltre a essere uno scrittore, Capote era infatti un dandy, come testimoniano le cronache mondane degli anni 60 e 70, dove fa sfoggio di mise eleganti e originali.
Superstizione. E poi, naturalmente, c'è Jack Kerouac. L’autore del romanzo Sulla Strada era un nottambulo incallito e dedicava alla scrittura le ore dalla mezzanotte all’alba. Gli piaceva scrivere a lume di candela, prima di mettere la penna sul foglio pregava e di notte in notte scopriva nuove superstizioni che potessero aiutarlo a far pulsare la vena creativa. Dalla Luna piena alla “magia” del numero 9 (ripeteva alcune azioni 9 volte): rituali un po’ ossessivi, che però gli erano indispensabili per scrivere i suoi capolavori.
In albergo. La poetessa americana Maya Angelou per concentrarsi aveva bisogno di abbandonare la routine e per questo affittava una camera d’albergo nella sua stessa città, chiedendo al personale di non cambiare le lenzuola e rimuovere tutti i quadri dalle pareti. «Per scrivere, devo stendermi su un letto», ha confessato in un’intervista poco prima di lasciarci, nel 2014.