Un’esplosione, un attentato terroristico o un terremoto magari durante un concerto o una manifestazione crea un fuggi fuggi generale. Ma come si muove la folla in situazioni di panico? È possibile prevederne i movimenti così da minimizzare i rischi? È quello che si chiedono da anni gli scienziati.
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60.000 persone aspettano l'inizio di un concerto allo stadio San Siro di Milano |
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Helbing e Molnàr avevano studiato un caso specifico: quello del movimento lungo i marciapiedi affollati, quando le persone tendono a organizzarsi spontaneamente in code bidirezionali, un po’ come fanno le automobili. E proprio la città sembra essere una buona fonte di ispirazione, per questo tipo di studi. Mauro Annunziato e Alessandro Pannicelli dell’Enea e Carlo Liberto dell’Università di Bologna hanno seguito l’esempio studiando il flusso dei passeggeri nella stazione Darsena della metropolitana di Genova. Obiettivo: individuare strategie di gestione della sicurezza nei luoghi sotterranei e nei mezzi di trasporto.
Panico da incendio
Recentemente Paul Torrens dell’Università dell’Arizona ha presentato un modello informatico che simula il comportamento collettivo in città in situazioni di panico. «La folla è il sangue che alimenta gli agglomerati urbani - afferma Torrens - eppure non è mai stata studiata a fondo. Anche perché è impossibile riprodurre in un contesto cittadino una situazione di panico collettivo con centinaia di persone». Il modello simula nel dettaglio le caratteristiche fisiche di un ambiente urbano tipo e i movimenti dei singoli soggetti, diversificati per profili sociologici e psicologici, età, sesso, caratteristiche fisiche. In pratica, le simulazioni tridimensionali realizzate fino ad ora (clicca qui per vedere il video delle simulazioni) – che emulano il comportamento della folla in presenza di un incendio e con un’unica via di fuga – registrano ogni minuto la posizione e lo stato psicofisico di ogni soggetto umano “virtuale”, applicando poi queste informazioni a un sistema di elaborazione tridimensionale.
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Lo studio di Torrens però non è il primo a prendere in esame la folla che scappa da situazioni pericolose. Una ricerca analoga è stata presentata lo scorso gennaio da Dirk Helbing e Anders Johansson dell’Università di Dresda (Germania). Lo studio fu commissionato dalle autorità dell’Arabia Saudita dopo un tragico pisodio del gennaio 2006 quando durante il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca persero la vita più di 300 pellegrini presso il ponte Jamarat, calpestate dalla folla o morte per asfissia.
Fasi di una tragedia
Le registrazioni video della strage dei pellegrini hanno permesso agli studiosi di costruire un algoritmo che ha determinato posizione e velocità dei soggetti presenti nel luogo del disastro. Come nello studio sui pedoni di Helbing e Molnàr, i soggetti sono stati considerati come unità elementari che interagiscono con il gruppo generando movimenti che gli scienziati hanno paragonato ai movimenti conosciuti in fisica. L’analisi ha portato così a individuare le tre fasi successive che hanno scandito la tragedia:
Prima la folla si è mossa in un flusso "laminare": si avvicinava al ponte sempre più lentamente, ma in modo lineare. Il movimento è analogo a quello di un fluido denso che scorre;
Poi si è passati a un movimento "stop and go": come le onde del mare, i fedeli si spostavano verso la destinazione alternando fasi di avanzamento lineare e fasi di blocco. Un po’ come avviene nelle code in autostrada quando si avanza di un metro per volta. La densità della folla, intanto, cresceva;
3E infine la fase del movimento turbolento: sempre più soggetti, in preda al panico, hanno iniziato a muoversi in ogni direzione, casualmente, spintonando e diffondendo la sensazione del pericolo a chi li circondava.
Il risultato sono state centinaia di vittime morte calpestate.
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Pur diversi tra loro, questi studi si propongono uno stesso obiettivo: permettere una migliore comprensione dei movimenti apparentemente irrazionali della folla per ridurre le situazioni di angoscia che possono accrescere esponenzialmente il pericolo. Paul Torrens ad esempio ricorda che il software che ha sviluppato potrebbe essere utilizzato per permettere agli urbanisti di progettare città più sicure e vivibili, oppure dai responsabili della sicurezza sul lavoro e da chi organizza eventi a cui prendono parte migliaia di persone, come ad esempio i concerti.