Mentre infuria la Maturità 2023 e ci si prepara alla seconda prova scritta, ci chiediamo: a scuola si impara di più se gli insegnanti impongono note a chi non studia o incoraggiano chi lo fa? La questione è dibattuta, al punto che ci sono scuole in cui non si danno i voti, e molto dipende dalla psicologia del singolo alunno.
Durante un esperimento, a un gruppo di bambini è stata data una biglia ogni volta che rispondevano esattamente a una domanda; a un altro gruppo è stato dato un barattolo pieno di biglie, da cui – ogni volta che sbagliavano – ne veniva tolta una. L'effetto è stato che i bambini imparavano più velocemente quando perdevano le biglie invece di guadagnarle. Simili i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Cognition, che ha messo a confronto le performance di 88 studenti universitari.
Troppo severi: serve? A costoro venivano "detratti" 25 centesimi di dollaro per ogni risposta sbagliata e dati 25 centesimi per ogni risposta corretta in un test. Anche stavolta la "punizione" (in questo caso una perdita economica teorica) si è rivelata tre volte più efficace nel rafforzare l'attenzione rispetto a un premio.
Secondo gli autori dell'esperimento, Jan Kubanek, ricercatore in neurobiologia presso la Scuola di medicina dell'Università di Washington, e Richard A. Abrams, professore di psicologia, occorrerebbe quindi mutare i criteri con cui si danno i voti e, anziché partire da zero e alzarli a seconda dell'impegno, sarebbe meglio se gli insegnanti partissero da un punteggio fisso e sottraessero punti per ogni risposta sbagliata di un allievo. Ogni detrazione dovrebbe però essere piccola, spiega Kubanek, poiché tendiamo a reagire allo stesso modo a qualsiasi intensità di penalizzazione. Insomma, un eccesso di rigore non servirebbe a nulla.