I cani mostrano un’intelligenza maggiore quando sono lasciati soli con un compito da risolvere. In compagnia del padrone, invece, adottano una logica poco lineare con il solo scopo di “accontentare” il loro padrone.
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Addomesticare un cane non significa renderlo meno intelligente. Ne cambia però il comportamento, rendendolo più "complicato" in molte situazioni. Metti alla prova l'intelligenza del tuo cane con questo test. |
Chissà cosa pensa il vostro cane quando lo obbligate a fare salti, capriole e strane evoluzioni prima di poter ricevere “in premio” l’agognato biscottino o l’osso da spolpare. Chi ha un amico a quattro zampe infatti sa che spesso lo obblighiamo a fare cose che probabilmente non farebbe mai se non fosse stato abituato sin da piccolo a vivere con noi e quindi a seguire una logica “umana” nell’eseguire gli ordini.
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Una logica che – così almeno si scopre oggi – lo porta a limitare in parte la sua intelligenza. Uno studio etologico condotto in Ungheria dall’Università di Eotvos Lorand di Budapest infatti ha svelato che i cani mostrano un’intelligenza maggiore quando sono lasciati soli con un compito da risolvere. In compagnia del padrone, invece, adottano una logica poco lineare, e dunque meno funzionale, con il solo scopo di “accontentare” il loro padrone.
Cosa non si fa per il proprio padrone!
Secondo lo studio infatti i cani sono così attratti dal loro padrone e dalle azioni che compie da comportarsi in modo molto più illogico di quanto non farebbero se venissero lasciati da soli. “Questo non vuol dire” spiega Agnes Erdohegyi, coordinatrice della ricerca, «che addomesticando un cane lo si renda meno intelligente. Semplicemente il suo comportamento si fa più complicato in alcune situazioni sociali. Focalizzare la propria attenzione sui padroni, di fatto porta gli animali a comportamenti errati».
Gioco delle tre carte per Fido
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Per studiare il fenomeno Erdohegyi ha preso a campione 42 cani adulti e li ha sottoposti a un esperimento in due fasi “ispirato” al celebre gioco delle tre carte. Ai cani venivano mostrati due vasi da fiori rovesciati. Sotto al primo veniva nascosta, mostrandola ai cani, una palla mentre sotto l’altro non c’era nulla. In una prima fase dell’esperimento erano presenti i padroni dei cani “sotto esame” che di volta in volta toccavano o indicavano con gli occhi uno dei due vasi, alcune volte quello con la palla altre quello vuoto. Nella maggioranza dei casi i cani accompagnati dai padroni “sceglievano”, toccandolo o abbaiando, il vaso indicato dal padrone a prescindere dal fatto che contenesse la palla oppure no. Secondo Erdohegyi ciò dimostra che in presenza del padrone il cane tende a focalizzare la propria attenzione sull’uomo e non sull’oggetto “palla” che, inevitabilmente, passa in secondo piano.
Cani che imparano a pappagallo
Nella seconda fase dell’esperimento i padroni erano assenti e i vasi venivano mossi da corde. Lasciati soli, i cani sceglievano quasi sempre il vaso contenente la palla, anche se a muoversi era l’altro. Senza la “distrazione” umana infatti l’attenzione dei cani è rivolta esclusivamente al compito che affrontano mettendo in atto il cosiddetto ragionamento inferenziale (inferential reasoning) che consente loro di fare deduzioni e risolvere problemi logici in base ai dati che hanno davanti agli occhi, diversamente da quanto accade quando c’è anche il padrone. In questo caso infatti gli animali mettono in atto un altro tipo di intelligenza basata sull’addestramento e sull’imitazione di ciò che vedono. In pratica è un po’ la differenza che conoscono bene gli studenti tra lo studio approfondito e basato sulla comprensione e quello “a pappagallo”. Nel secondo caso sono certi di soddisfare il professore, tuttavia sono più a rischio di commettere errori.
Sono più bravo solo!
Tuttavia a guardar bene “ripetere a pappagallo” non è sempre un’espressione corretta. Infatti come spiega la stessa Erdohegyi «anche i pappagalli mostrano comportamenti simili che indicano capacità superiori in contesti sociali». Anche loro, così come diverse specie di scimpanzé, in presenza dell’uomo mostrano una logica meno “efficiente” di quella che mettono in campo quando hanno modo di concentrarsi da soli su compiti complessi.
Andrea Porta
(Notizia aggiornata al 24 ottobre 2007)