Provate a chiedere a due nonne chi è il bambino più bello del mondo... "il mio!" diranno entrambe, e nessuno potrebbe mai accusarle di disonestà: è solo che il loro è un giudizio di parte. Una ricerca condotta da ricercatori dell'Università dell'Ohio (vedi Personality and Social Psychology Bulletin) rileva come la fonte di un'informazione che sia percepita come non obiettiva può perdere di credibilità anche se si è certi che non sia disonesta.
Lo studio evidenzia insomma che verità e onestà non necessariamente coincidono: «Se vuoi essere credibile agli occhi del tuo ascoltatore, devi essere oggettivo, oltre che onesto e informato», afferma Laura Wallace, coordinatrice dello studio.
I ricercatori hanno condotto diversi test. In uno, 169 studenti universitari hanno letto una conversazione fittizia tra alcuni volontari che dovevano decidere, sull'epidemia di Ebola in Congo, in quale città inviare le poche risorse di cui disponevano: se a Rutu, un'area rurale all'epicentro dell'epidemia, o a Poko, una città vicina, dove si era diffusa.
Un esempio per tutti. Uno degli studenti che ha optato per Rutu aveva lavorato lì come volontario, e quando i suoi colleghi sono venuti a conoscenza del precedente legame "affettivo" con la zona, hanno considerato meno attendibile la sua scelta: «Nonostante tutti lo ritenessero informato e preparato sul tema, gli altri hanno pensato che l'esperienza pregressa avesse influenzato il suo giudizio, impedendogli di giudicare oggettivamente la situazione generale», spiega Wallace. «Per estensione, e com'è già stato indagato da analoghi studi precedenti, ne risulta che tendiamo a credere che chi la pensa come noi sia meno di parte di chi invece è in disaccordo con la nostra opinione.»