In questo periodo di pandemia da CoViD-19, in cui lavorare da casa per molti è diventato non più un privilegio, ma un obbligo, è interessante analizzare quanti sono gli europei per i quali il telelavoro è da anni la normalità. Eurostat l'ha fatto, prendendo in considerazione i dati del 2018: la media europea di chi lavora dalla propria abitazione, per chi ha tra i 15 e i 64 anni, si attesta al 5,2% (l'Italia è sotto la media, con il 3,6%).
I Paesi Bassi sono al primo posto con il 14% di telelavoratori, mentre in fondo alla classifica si trovano Bulgaria (0,3%) e Romania (0,4%). Il lavoratore autonomo (in Italia, le cosiddette "partite iva") è quello che più spesso fa coincidere domicilio con ufficio: il 18,5%, contro il 3% dei lavoratori dipendenti. Anche qui, i paesi nordici svettano sugli altri, con il 46,4% in Finlandia e il 44,5% nei Paesi Bassi.
Questione di sesso. Vi sono più donne che uomini che lavorano da casa, anche se la differenza non è abissale: 5,5% contro 5%. In alcuni stati, lo scarto è maggiore, come in Francia (8,1% contro il 5,2% degli uomini), in Lussemburgo (12,5% contro 9,8%) e a Malta (7,4% contro 4,7%). In otto stati dell'UE la tendenza è opposta, e sono più gli uomini a lavorare da casa rispetto alle colleghe donne: le differenze sono più marcate soprattutto nei Paesi Bassi (15,5% vs 12,3%), in Danimarca (8,5% vs 7%) e in Irlanda (7,2% vs 5,7%).
L'età (non) conta. Più si va avanti con l'età, più si può apprezzare la comodità di un ufficio casalingo. È quanto emerge dai dati statistici, che mostrano un aumento nella percentuale del telelavoro al crescere dell'età del lavoratore. Tra i più giovani (15-24 anni), solo l'1,8% lavora da casa; tra i 25 e i 49 anni, la percentuale cresce e tocca il 5%, per arrivare a 6,4% per chi ha tra i 50 e i 64 anni. Per quanto riguarda la categoria centrale, di lavoratori tra i 25 e i 49 anni, alzano la media ancora una volta Paesi Bassi (14,9%) e Finlandia (14%).