Ormai è diventata un accessorio del quale non si può fare a meno, e ne esistono di diversi colori, stili e materiali: è la mascherina, scomoda ma indispensabile novità portata dalla CoViD-19. Oltre ad appannare la visuale di chi porta gli occhiali, la mascherina nasconde (in parte) le nostre emozioni. Secondo Jeanne Tsai, professoressa di psicologia all'università di Stanford, non vedere il sorriso dell'interlocutore è un problema più grande in alcune culture rispetto ad altre.
Sorrisi e giudizi. «I nordamericani tendono a concentrarsi di più sulla bocca delle persone rispetto agli asiatici orientali, che si focalizzano invece sugli occhi», spiega Tsai in un'intervista pubblicata su Stanford News. Secondo l'esperta, i nordamericani ritengono più amichevoli e affidabili le persone che sfoggiano ampi sorrisi: questo fa sì che ora, con la mascherina, sia per loro più difficile relazionarsi con gli sconosciuti. «Il sorriso influenza il giudizio di un nordamericano più di quanto lo faccia la fisionomia associata a una razza o al sesso», spiega Tsai.
Condizionamenti culturali. In uno studio sul tema del 2017, condotto con altri ricercatori del dipartimento di psicologia della Stanford, Jeanne Tsai faceva rilevare che queste differenze culturali possono diventare un problema quando si tratta di lavoro. «Spesso i nordamericani giudicano in modo sbagliato persone appartenenti ad altre culture, e tendono a non assumerle perché le considerano poco cordiali», afferma facendo riferimento a quello studio: «semplicemente perché qualcuno non è abituato a mostrarsi sorridente, non significa che non sia bendisposto o amichevole: si tratta solo di differenze culturali». È fondamentale comprendere, sottolinea Tsai, che spesso la cordialità di una persona è condizionata più dalla sua cultura che dal suo carattere.
Sorridi con gli occhi. Come comportarsi, dunque, ora che il nostro sorriso è nascosto dalle mascherine? «Imparate a sorridere con gli occhi e la voce, e a leggere gli occhi e la voce di chi vi sta davanti», è il consiglio della psicologa, che cita positivamente anche iniziative come quelle del personale sanitario di alcuni ospedali, che appiccicano sui camici la foto del proprio volto sorridente.