Se siete bloccati su una questione che richiede soluzioni "fuori dagli schemi", concedetevi il lusso di alcune notti di riposo. Che il sonno sia fondamentale per rafforzare apprendimento e creatività è un fatto noto, ma sul ruolo svolto dalle sue varie fasi ancora si discute. Ora una nuova ipotesi di ricerca, che sarà declinata nei prossimi cinque anni, propone che sonno REM (fase che si ripete diverse volte durante la notte ed è caratterizzata da movimenti rapidi degli occhi) e non-REM (composta da fasi di sonno leggero alternate a periodi di sonno profondo) lavorino insieme, e in modo complementare, per facilitare il pensiero creativo.
Come si tesse la tela. La teoria di Penny Lewis, neuroscienziata della Scuola di Psicologia dell'Università di Cardiff (Scozia), è illustrata sulla rivista Trends in Cognitive Sciences. «Immaginate di avere già tutti i ricordi che vi occorrono, ma di doverli ristrutturare - creare connessioni tra pensieri che non avevate collegato, integrare elementi che non avevate integrato», dice Lewis.
Vari studi indicano che queste relazioni inaspettate tra elementi noti possono spuntare più facilmente dopo una notte di sonno: Lewis ha analizzato la letteratura scientifica sul tema per elaborare un modello su come i diversi stadi del sonno contribuiscano al "miracolo".
File ben etichettati. In base al modello, il sonno non-REM ha il compito di organizzare le informazioni in categorie utili; quello REM, di aiutarci a vedere oltre queste categorie, per creare connessioni originali. Quando ci addormentiamo entriamo nel sonno non-REM, che include una fase più leggera estesa per gran parte della notte, più una fase di torpore profondo - il sonno a onde lente - in cui milioni di neuroni si attivano simultaneamente: in questa fase, facciamo più fatica a svegliarci, e se avviene, ci sentiamo particolarmente disturbati.
Studi passati hanno proposto che in questo stadio l'ippocampo (una struttura cerebrale fondamentale per apprendimento e memoria) ripropone i ricordi accumulati durante il giorno, e quando questi presentano somiglianze con le nostre conoscenze pregresse, lasciano traccia nella neocorteccia (lo strato più esterno del cervello, evolutosi più di recente, deputato a funzioni cognitive superiori).
In questa fase, ippocampo e neocorteccia lavorano a braccetto: secondo Lewis, il primo riesce in qualche modo a controllare i ricordi da riproporre, prediligendo quelli tematicamente legati, o dal contesto affine, categorizzabili con le stesse etichette. La neocorteccia è quindi sollecitata a seguire questi schemi ben organizzati.
Dopo l'ordine, il caos. Nella fase REM (la fase più tradizionalmente accompagnata da sogni), al contrario, ippocampo e corteccia non sembrano collaborare: entrambi sono in uno stato estremamente flessibile, in cui si possono formare nuove connessioni neurali o in cui quelle presenti si possono rafforzare o indebolire.
Se nella fase precedente i neuroni lavoravano come in un "coro", in questa si assiste a una vera e propria cacofonia, nella quale, però, si possono distinguere alcuni accordi inaspettatamente piacevoli.
La neocorteccia è libera di proporre ricordi in combinazioni diverse, indipendentemente dalla somiglianza. Può capitare che tra concetti che apparentemente non sono in relazione tra loro, come per esempio "Sistema Solare" ed "elettroni", si trovino somiglianze inaspettate: nascono così idee geniali e soluzioni fuori dagli schemi (come, per seguire l'esempio portato da Lewis, il modello atomico proposto da Earnest Rutherford, ispirato appunto alla struttura del Sistema Solare).
Secondo alcune teorie, i sogni non sono altro che una manifestazione conscia di questi processi di categorizzazione, associazione, rivoluzione e trasformazione di ricordi. In sostanza, il cervello "guarda se stesso", mentre manipola tracce mnemoniche.
Alcune parti del modello sono suffragate da evidenze sperimentali, altre meno: scopo della Lewis è esplicitare il più possibile l'affascinante ipotesi, affinché possa essere testata con studi scientifici.