Psicologia

Scommetti che ti convinco? Come funziona la persuasione

Avere ragione non basta. Esibire prove scientifiche neanche. Per far cambiare idea a certe persone servono ascolto, intelligenza e... qualche strategia.

Discussioni logoranti che portano a un nulla di fatto e a un grande senso di frustrazione: finiscono spesso in questo modo i tentativi di convincere qualcuno ad adottare il nostro punto di vista. Accade perfino quando a sostegno delle nostre tesi presentiamo prove scientifiche inconfutabili. Alcuni dei nostri interlocutori, anzi, sembrano totalmente impermeabili alla logica e alla razionalità: persone così, se dobbiamo averci a che fare tutti i giorni, in famiglia o sul lavoro, possono farci impazzire (Scopri quali sono). Prima di picchiare la testa contro il muro, però, meglio fare un respiro profondo, porsi qualche domanda e poi provare a mettere in atto la tattica più efficace.

«Quando qualcuno è particolarmente resistente, occorre chiederci: non è che per caso siamo noi, con il nostro tentativo di fargli cambiare idea, gli artefici del suo irrigidimento?», avverte Matteo Rampin, psichiatra e ipnoterapeuta, autore di Tecniche di controllo mentale (Aurelia). «Molte persone, infatti, si autopersuadono sempre di più della propria idea a mano a mano che qualcuno la mette in dubbio». Insomma, insistere troppo rischia di essere controproducente: occorre adottare strategie diverse.

Impresa ardua: far cambiare idea a una persona, anche la più conciliante, è sempre difficilissimo. L’uomo è infatti un “conservatore cognitivo”, cioè tende a mantenere le proprie idee anche di fronte a prove che dimostrano il contrario.

«Per fare cambiare idea a una persona è più utile usare, insieme alle argomentazioni razionali, anche l’arte della persuasione, cioè appellarsi alle emozioni, agli istinti, a ragionamenti che sembrano filare anche se in realtà non sono affatto logici», suggerisce Rampin. «Questo perché in realtà tutti noi, anche se non ce ne rendiamo conto, siamo restii a ragionare in modo logico». Ecco allora qualche trucco per riuscire a portare gli altri dalla nostra parte.

Ascoltate. Bisogna mostrare disponibilità verso l’interlocutore e dargli modo di esprimere le sue ragioni. Invece che fare affermazioni, all’inizio ponete domande, mostrandovi curiosi e rispettosi. Questo vi permette di stabilire una connessione emotiva.

Non dimenticate che chi avvalora un’opinione irrazionale è mosso dalle emozioni più che dal ragionamento. Il che non deve però farvi pensare che la sua idea sia più debole della vostra: come ha osservato Antonio Damasio, neuroscienzato della University of Southern California a Los Angeles, ragione ed emozioni non sono in contrapposizione. Le emozioni sono anzi parte integrante di ogni processo decisionale, tant’è che se non ne proviamo non siamo in grado di prendere nessuna posizione. Quindi: vanno capite e rispettate. Molto spesso, per esempio, sotto certe affermazioni “estreme” ci sono rabbia e/o paura. Meglio sapere di che cosa si sta parlando veramente, prima di ribattere.

sincronizzatevi. Per favorire la connessione con l’interlocutore può essere utile assumere una postura a lui speculare, imitarne i gesti (senza esagerare!) e le espressioni. Serve a entrare in sintonia, è come dire: “sono simile a te”. Sintonizzate anche il linguaggio, riprendendo le stesse parole ed espressioni. Evitate invece di atteggiarvi a professori: aumenta le distanze, raffredda il rapporto e spinge l’altro ad affilare le armi. A nessuno piace essere trattato da stupido: se fate i saputelli, la battaglia è persa in partenza.

identificate le radici. Cercate di capire da dove provengono le sue idee. Alcune opinioni, infatti, non sono neutre, ma dicono chi siamo e a quale gruppo apparteniamo: è il caso, per esempio, della fede politica o di quella religiosa. Cambiarle significa rinunciare a un pezzo della propria identità, e questo non è facile per nessuno. Perfino gli scienziati, pur in presenza di prove eclatanti, faticano a cambiare opinione se a quell’idea hanno dedicato la loro vita.

Secondo Thomas Kuhn, filosofo statunitense, la scienza procede per “salti”, e non in modo lineare, proprio perché gli studiosi più anziani, che detengono il maggior potere nell’ambiente scientifico, si oppongono alle idee che non si accordano ai loro paradigmi. Per imporre l’eliocentrismo è servita la rivoluzione copernicana. Perciò, se vi rendete conto che l’ostinazione dell’altro ha radici nel suo senso di appartenenza a una certa comunità (politica, religiosa, etnica, sportiva...), prima di proporre i vostri dubbi esprimete tutto il rispetto possibile per la sua “famiglia”. Dopo vi ascolterà più volentieri.

FATE ARGOMENTARE. Date la possibilità al vostro interlocutore di fare un vero e proprio comizio, senza interromperlo e facendogli solo alcune domande per chiarire i punti oscuri del suo ragionamento. A volte si darà da solo la zappa sui piedi. Accade a causa di quella che i ricercatori americani Leonid Rozenblit e Frank Keil chiamano “illusione della conoscenza profonda”: si è convinti di saper molte cose, ma quando si è costretti ad andare a fondo (come avviene ai genitori incalzati dai continui “perché?” dei bambini) prima o poi ci si impantana.

DISCUTETE DI PERSONA. E non su Internet! Uno dei luoghi meno “civili” per dialogare sono i social network. È noto che la rete pullula di haters (“odiatori”), utenti che disprezzano e criticano distruttivamente gli altri. Inoltre nelle discussioni online manca il linguaggio corporeo, necessario per sintonizzarvi con l’altro e per correggere il tiro quando il discorso prende la piega sbagliata. Infine, scripta manent: chi si è espresso in un senso difficilmente ritornerà sulle sue idee, specie se la discussione avviene in una piattaforma pubblica. Ecco perché, come suggerisce Christie Aschwanden, blogger ed editorialista del Washington Post, piuttosto che discutere su Facebook è meglio farsi una birra al bar.

STIMOLATE L’AUTOSTIMA. Prima di ogni “affondo” è importante valorizzare i punti buoni dei ragionamenti dell’altro, mostrando stima e apprezzamento. Come ha dimostrato Brendan Nyhan, politologo e docente al Dartmouth College, negli Stati Uniti, se una persona si sente accettata e considerata, invece che sfidata, sarà più disposta a rivedere le sue posizioni e perfino ad accettare idee diverse dalle sue. Assecondare la visione dell’interlocutore non vuol dire sposare la sua tesi, ma sottolineare le sue “buone ragioni” e mostrare di comprenderle.

NON ABBIATE FRETTA. Gutta cavat lapidem, dicevano gli antichi Romani, cioè la goccia scava la pietra: con pazienza, e a piccole dosi, si arriva a modificare anche le posizioni più rigide. Secondo Howard Gardner, docente di psicologia all’Università di Harvard, cambiare idea d’un botto è quasi impossibile. Tutti hanno bisogno di tempo per abituarsi a un’idea nuova, per raccogliere più elementi possibile e valutare i pro e i contro. «Napoleone diceva: ho fretta, quindi vado lentamente», ricorda Rampin. «Andare piano porta più rapidamente ai risultati perché si evita che l’interlocutore eriga barriere difensive rigide e insormontabili». Insinuare qualche dubbio, soprattutto in caso di idee fortemente identitarie (vedi al punto “identificate le radici”), è già un risultato di cui andare soddisfatti.

Focalizzatevi sui fatti. Più che sull’idea in sé, che chi è convinto fatica ad abbandonare, meglio concentrarsi sui fatti che la contraddicono, o sulle eccezioni che potrebbero rendere accettabile all’altro la propria tesi. «Persuadono più i fatti che le parole», puntualizza Rampin, «quindi si dovrebbe cercare di rendere concrete le nostre argomentazioni con immagini vivide o esempi tratti dall’esperienza». Se una persona rifiuta le teorie di Darwin perché contraddicono la Bibbia, può essere utile ricordare che molti cattolici (meglio fare nomi e cognomi di comuni conoscenze) credono nell’evoluzione e non per questo smettono di credere in Dio.

Insistere sulla infondatezza di una convinzione, al contrario, ottiene solo di rinforzarla.

Usate i paradossi. Le affermazioni paradossali aiutano a sgretolare le certezze. Sono destabilizzanti, mandano l’altro in confusione, predisponendolo a lasciare spazio a idee diverse. Per questo ne faceva largo uso anche Milton Erickson, il fondatore dell’ipnosi moderna, con i pazienti più resistenti. Qualche esempio? “La sicurezza è la cosa più pericolosa del mondo” (Huge Walpole), o “Confessare una debolezza è un gesto di superiorità” (Dino Basili) o ancora “Ogni volta che la gente è d’accordo con me, ho la sensazione di avere torto” (Oscar Wilde, un vero maestro dei paradossi).

ipotizzate di avere torto. Non date per scontato di avere ragione. È difficile ammetterlo, ma questa possibilità esiste, eccome. Si tratta anzi di un punto fondamentale, senza il quale i nove trucchi precedenti falliscono miseramente: se partite con la certezza che la vostra idea sia quella giusta, il vostro interlocutore si sentirà manipolato e preso in giro. È quindi importante essere sempre disposti a cambiare idea in presenza di elementi nuovi che mostrano la questione sotto una luce diversa. Per restare nel campo dei paradossi: è irrazionale anche perseguire la razionalità a tutti i costi.

Marta Erba per Focus

22 settembre 2017
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