Psicologia

Predire il quoziente intellettivo da una scansione cerebrale? In parte si può

Osservando il funzionamento del cervello a riposo è possibile spiegare il 20% della variabilità tra soggetti nei punteggi nei test di intelligenza: i risultati di uno studio di neuroscienze importante sia per il metodo, sia per le prospettive che apre.

Inutile darsi un tono per apparire più intelligenti: il quoziente intellettivo di ciascuno è predicibile (almeno in parte) dalle sue scansioni cerebrali. Un gruppo di scienziati della Caltech University, del Cedars-Sinai Medical Center (California) e dell'Università di Salerno ha sviluppato un sistema di machine learning (un sistema di intelligenza artificiale) in grado di prevedere in parte il livello di intelligenza di ciascuno a partire dalla risonanza magnetica del suo cervello a riposo.

In sintesi: l'intelligenza di ciascuno è parzialmente deducibile dalle immagini dell'attivazione cerebrale di quando non si è impegnati in alcuna attività in particolare - e non di quando si è concentrati in un quiz di cultura generale o in un problema di matematica.

L'intelligenza stimata. I ricercatori hanno dato in pasto a un sistema di intelligenza artificiale ad apprendimento automatico le scansioni cerebrali di quasi 900 individui che avevano partecipato allo Human Connectome Project (un progetto scientifico finanziato dai National Institutes of Health americani per migliorare la comprensione della connettività cerebrale), e i punteggi dei loro test di intelligenza.

La nostra corteccia cerebrale è suddivisa in ben 360 aree (più della metà era sconosciuta): vedi La nuova mappa del cervello umano. Nella foto: in giallo, l'area che si attiva quando si ascolta una storia. © Mattew F. Glasser, David C. Van Essen

Dopo aver elaborato i dati il sistema è stato in grado di predire, a partire dalle scansioni cerebrali soltanto, il 20% della variabilità individuale nei punteggi dei test del QI: il 20% del valore osservato nei punteggi dei test era, cioè, deducibile dagli schemi (pattern) di attività cerebrale del cervello a riposo. Si tratta di un risultato rilevante, come spiega Julien Dubois, tra gli autori dello studio: «Siamo molto soddisfatti, anche se siamo lontani dal raggiungere gli stessi risultati di un serio e completo test di intelligenza».

Come leggere lo studio. Nessun esperto di neuroscienze può osservare il risultato di una scansione cerebrale e stabilire, da essa, l'intelligenza di un paziente: il vantaggio dell'AI è quello di saper analizzare network di attività cerebrale diffusa e coordinata. In altre parole, non esiste un'area cerebrale che, quando attiva, costituisca un "hub dell'intelligenza" (collettore, elemento centrale): piuttosto, l'intelligenza è il risultato di un'attività sistemica, che continua incessante anche quando apparentemente non siamo impegnati in nessun compito cognitivo (vedi Si può smettere di pensare?).

Il QI è stato scelto come primo banco di prova perché, per ognuno, è un valore che rimane piuttosto stabile nel tempo. Per ovviare al fatto che l'intelligenza è difficile da definire e "incasellare", gli scienziati hanno ricavato per ciascuno dei soggetti un punteggio di sintesi a partire dai risultati di 10 diversi test cognitivi.

Siamo solo agli inizi. La stessa combinazione di machine learning e fMRI di cervello a riposo potrebbe in futuro essere utilizzata per diagnosticare condizioni patologiche come schizofrenia, ansia o autismo.

Lo stesso gruppo di ricerca ha già provato a sfruttare questa tecnica per predire i tratti di personalità di un gruppo di soggetti, ma i risultati sono parsi meno significativi - forse, perché le risposte usate come dati di partenza si basavano su autovalutazioni, ed erano pertanto meno attendibili.

3 luglio 2018 Elisabetta Intini
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