Psicologia

Chi si lascia sopraffare dalla rabbia crede più facilmente ai complotti

Chi è più incline alla rabbia crede più facilmente alle teorie del complotto: una ricerca stabilisce questa correlazione, ma ci sono ancora diverse domande senza risposta.

Gli individui più inclini alla rabbia sono anche quelli che credono maggiormente alle teorie del complotto: è quanto emerge da una ricerca pubblicata sul Journal of Research in Personality, che ha condotto quattro diversi studi per indagare la relazione tra rabbia di tratto (ovvero la tendenza di un individuo a percepire un'ampia varietà di situazioni come irritanti, fastidiose e frustranti) e complottismo.

In passato alcune ricerche si erano concentrate su alcuni tratti della personalità, ma nessuna mai sulle emozioni: gli autori dello studio hanno deciso di analizzare la rabbia perché è un sentimento che può influenzare le nostre credenze e i nostri comportamenti, riducendo l'attenzione e la memoria e portando potenzialmente ad avere una mentalità più chiusa.

Quattro studi in uno. I primi due studi si sono concentrati sulle teorie del complotto legate alla covid: il primo, che è iniziato poco dopo lo scoppio della pandemia nel 2020 e ha coinvolto 363 polacchi, ha rilevato che le persone che si trovavano d'accordo con l'affermazione "Mi infiammo facilmente ma sbollisco velocemente" erano anche spesso quelle che credevano che la covid fosse frutto di una cospirazione globale. Il secondo studio, che è stato condotto su 422 polacchi di diverso sesso, ha confermato le conclusioni del primo, rilevando inoltre una correlazione tra teorie del complotto, narcisismo e fondamentalismo religioso.

Il terzo studio (248 partecipanti polacchi) si è invece concentrato su teorie del complotto generiche e non legate alla covid o a particolari contesti storici: anche in questo caso, la rabbia è risultata correlata a complottismi del tipo "Il governo usa le persone come capri espiatori per nascondere il suo coinvolgimento in attività criminali".

Rabbia di tratto. Il quarto e ultimo studio ha coinvolto 141 partecipanti statunitensi e ha indagato il ruolo "attivo" della rabbia, e non solo il fatto di essere o meno inclini a provare tale sentimento, nella risposta alle teorie del complotto. Ad alcuni volontari è stato assegnato un compito che ne scatenasse la rabbia, mentre ad altri un compito neutro: prima, gli studiosi avevano misurato il livello di rabbia di tratto di ogni partecipante attraverso dei questionari.

È emerso che, tra chi aveva svolto un compito "irritante", i partecipanti con un livello di rabbia di tratto maggiore erano più propensi a credere a teorie del complotto; al contrario, nel gruppo che aveva svolto un'attività neutra, chi aveva un livello di rabbia di tratto maggiore era meno incline a credere a complottismi.

«La conclusione principale che possiamo trarre è che chi è più incline a provare rabbia è anche più incline a credere alle teorie del complotto, a prescindere dal loro contenuto», spiega a PsyPost Kinga Szymaniak, coordinatrice della ricerca. «Tuttavia è importante sottolineare che queste correlazioni vengono influenzate da diversi fattori individuali e situazionali: quali? Ancora non lo sappiamo».

Domande senza risposta. Gli autori si augurano di indagare in futuro più a fondo la relazione tra emozioni e complottismo, in modo da rispondere a diverse domande che sono ancora senza risposta, come ad esempio: la rabbia è la causa o la conseguenza delle teorie del complotto (o entrambi)? Perché chi è più incline alla rabbia crede ai complottismi? «Rispondere a tali quesiti ci darà una visione più chiara del complesso fenomeno delle teorie del complotto», conclude Szymaniak.

15 luglio 2023 Chiara Guzzonato
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