Ce ne accorgiamo di continuo: alcune attese, come quella del tram o della fine di una riunione, sembrano non finire mai, mentre in altri momenti - una cena con gli amici, un concerto - il tempo scorre al doppio della velocità. Perché questa diversa percezione?
Non è soltanto una questione di noia. C'è una ragione più sottile: quando conosciamo la causa di un evento o siamo stati noi stessi a causarlo, le sue conseguenze sembrano arrivare più velocemente di quando non abbiamo il controllo della situazione. Il fenomeno, noto come temporal binding (associazione temporale) è descritto in un articolo su The Conversation.
Effetto ravvicinato. Patrick Haggard e i colleghi neuropsicologi dell'University College London l'hanno osservato in un esperimento in cui chiedevano ad alcuni volontari di premere un bottone che attivava, qualche istante più tardi, un suono. Quando erano i soggetti a schiacciare il pulsante, il suono sembrava arrivare prima di quando l'ingranaggio era attivato da altri. Lo stesso effetto non c'era se il bottone era attivato, per esempio, da impulsi involontari.
In un lampo. I ricercatori chiamarono il fenomeno intentional binding, perché apparentemente legato alla volontà del soggetto. Questo meccanismo fa in modo che, quando siamo padroni delle nostre azioni, la causa dell'evento paia spostata in là, verso la sua conseguenza, e la conseguenza sembri avvicinarsi temporalmente alla causa. Il tempo tra le due sembra quindi restringersi.
"Non dipende da me". L'intentional binding è stato spesso usato come modo per stimare quanto una persona si senta responsabile delle proprie azioni. Recentemente, per esempio, è stato applicato all'esperimento di Milgram (quello in cui si chiede a un volontario di somministrare una - finta - scarica elettrica a un altro soggetto, per testare la sua disponibilità ad obbedire). Quando i partecipanti erano obbligati a dare la scarica, il tempo tra il comando e lo shock è parso dilatato.
Poiché la dilatazione del tempo è associata - per il fenomeno dell'intentional binding - a un minore controllo delle proprie azioni, i ricercatori hanno concluso che i soggetti si sentivano sollevati dalle proprie responsabilità, nell'eseguire il comando (e per questo non esitavano a infliggere una scossa).
Percezioni distorte. Il temporal binding è anche usato per studiare alcune condizioni mediche. Chi soffre di schizofrenia lo sperimenta in modo più netto, come se sentisse di poter controllare tutte le situazioni (anche quelle di cui non ha il controllo).
Una forma di apprendimento. Recenti ricerche tendono tuttavia a legare il fenomeno al concetto di causa effetto, più che a quello di controllo.
Per Marc Buehner, dell'Università di Cardiff (Regno Unito), il temporal binding interviene quando capiamo che un'azione ne causa un'altra, e non tanto quando ci sentiamo in controllo di un evento.
In base a questo approccio, il temporal binding potrebbe avere a che fare con il modo in cui impariamo dal mondo. Forse tendiamo a dividere ciò che vediamo in una sequenza di avvenimenti causa-effetto, per spiegarlo più facilmente. Per testare l'ipotesi si sta ora guardando ai bambini: può darsi che in piena fase di apprendimento questo fenomeno sia più marcato.