Psicologia

Perché restiamo uniti e contenti

La coppia stabile fa vivere meglio, riduce lo stress, consente nuove sfide e... allunga la vita. Parola di neuroscienziati.

Mantiene in forma, fa vivere meglio, riduce lo stress. Meglio dello sport… Una relazione a lungo termine ci fa stare bene, da molti punti di vista. E, in fondo, essersi appena innamorati o stare insieme da più di 20 anni può non fare così tanta differenza. «Gli individui con lunghe relazioni possono provare attrazione ed emozioni intense verso il partner» spiega Bianca Acevedo della Stony Brook University (Usa). Acevedo ha studiato l’amore romantico nelle coppie di lungo corso e sostiene che – nonostante ci sia chi teorizza che questo sia destinato a declinare o a trasformarsi col tempo in qualcosa di più simile all’amicizia – possa durare anche una vita.


Fedeltà sotto esame. Acevedo e altri ricercatori Usa lo hanno verificato sottoponendo a risonanza magnetica funzionale un gruppo di uomini e donne, con una media di 21 anni di matrimonio alle spalle, ma che dichiaravano di amarsi ancora, mentre guardavano le foto del loro partner o di altri soggetti. E le loro reazioni sono state confrontate con quelle di persone all’inizio di una passione. «Abbiamo trovato somiglianze nette tra chi si ama da molto tempo e chi si è appena innamorato» ha commentato Arthur Aron, della Stony Brook University, tra gli autori della ricerca. In entrambi i gruppi, alla vista dell’amato si è osservata una forte attivazione di aree cerebrali ricche di dopamina, come l’area tegmentale ventrale, parte del sistema della gratificazione e della ricompensa. E le persone unite da tempo hanno anche un vantaggio: in loro non vi è reazione nelle aree legate ad ansia e paura.

«Non hanno, cioè, la tensione e i pensieri negativi propri dello struggimento della fase iniziale» spiega Bianca Acevedo. Anzi, vedere chi si ama da tempo rilassa, al punto che porta al rilascio di oppiacei endogeni da parte di regioni associate al piacere e al sollievo dal dolore. «È il segno che la vicinanza alla persona cui si è legati induce sensazioni di calma e serenità» commenta Fabrizio Quattrini, presidente dell’Istituto italiano di sessuologia scientifica. «Ciò non significa che nelle coppie di lunga data, ma in cui i due partner mantengono spazi di autonomia, non si possa accendere l’eccitazione dei primi momenti».

La salute ci guadagna. Di certo, chi resta a lungo con lo stesso partner ci guadagna in salute: vive più a lungo, si ammala di meno, soffre con minor probabilità di disturbi psichiatrici e, in genere, riferisce un più alto livello di soddisfazione. È confermato da molte ricerche.

Qualche esempio? Un’équipe guidata da Kathleen King, della University of Rochester (Usa), ha rilevato che le persone felicemente sposate hanno una possibilità tre volte maggiore di essere in vita a 15 anni da un intervento di bypass rispetto a persone non sposate (l’effetto è però minore se la convivenza non è felice, soprattutto per le donne). Il supporto di un partner, tra le altre cose, può essere utile per esempio per mantenere uno stile di vita sano.


Dario Maestripieri, della University of Chicago, ha visto che persone sposate o impegnate in relazioni a lungo termine hanno livelli più bassi di cortisolo, l’ormone dello stress, in risposta a una situazione impegnativa. «Anche se il matrimonio può essere stressante» ha commentato Maestripieri «dovrebbe però rendere più facile alle persone la gestione dei fattori di stress nella vita». E non occorre essere sposati. Kelly Musick, sociologa alla Cornell University, ha seguito 2.737 single per 6 anni, valutando stato di salute, felicità, autostima e depressione. Nelle 896 persone che si sono sposate o hanno iniziato a convivere ha registrato un complessivo aumento del benessere. «È la relazione stabile, piuttosto che il suo status ufficiale, a dare benefici» afferma Musick. Chi convola a seconde nozze, invece, non se la passa altrettanto bene: secondo uno studio dell’Università di Chicago su 9.000 persone, ha il 12% di problemi di salute cronici in più rispetto a chi continua il primo matrimonio.

Le fasi dell’amore. Ma come si spiegano i benefici del restare assieme? Instaurare un rapporto con una persona specifica, non sostituibile con altre, innanzitutto permette di soddisfare il nostro bisogno di sicurezza. «È una necessità primaria» spiega lo psichiatra e psicoterapeuta Edoardo Razzini, autore di Se stiamo insieme ci sarà un perché. «Il contatto e l’accudimento emotivo possono condizionare la sopravvivenza stessa dell’individuo».

In fondo, l’amore della coppia ha caratteristiche simili al rapporto tra una madre e il figlio che dipende da lei. L’attaccamento nella relazione di coppia attraversa varie fasi: dall’innamoramento (la fase delle forti emozioni, dell’eccitazione, dei frequenti contatti fisici) all’amore (il passaggio al conforto emotivo e all’intimità, in cui la vicinanza fisica dell’altro dà serenità) fino al periodo “postromantico”: è quello della vicinanza emotiva e dell’intimità psicologica, in cui il partner diviene una “base sicura”.

Perseguire un nuovo obiettivo di lavoro, coltivare interessi, fare amicizie: tutto è molto più semplice se si può contare sul supporto di un partner. «Le persone di ogni età, infatti, tendono a esplorare più facilmente l’ambiente se e quando sanno di avere una figura d’attaccamento disponibile e incoraggiante» spiega Giulio Cesare Zavattini, della Università La Sapienza di Roma, autore di Cosa ci fa restare insieme? (Il Mulino).

Ma l’attaccamento ha altre funzioni. «La più importante è la capacità di regolazione delle emozioni» afferma Zavattini. Se siamo tristi o arrabbiati, vederci con gli occhi dell’altro ci aiuta a ricalibrare il nostro stato emotivo e il modo in cui viviamo le cose. Al punto che la coppia arriva a essere terapeutica.

Gestione dei conflitti. Ciò non significa andare sempre d’accordo: rabbia e litigi sono inevitabili. Prima di consolidare il legame di attaccamento, infatti, tutte le coppie attraversano un periodo di “disillusione”: una crisi che segue la presa di coscienza dei limiti dell’altro (v. articolo precedente). «Questo spesso si verifica verso il 4° anno» precisa lo psicoterapeuta Edoardo Giusti, presidente dell’Associazione per lo sviluppo psicologico dell’individuo e della comunità e autore di Evolvere rimanendo assieme (Sovera). «Solo se riescono a superare il momento critico i due partner iniziano a rappresentare l’uno per l’altro una fonte di sicurezza psicologica: è un vero e proprio investimento affettivo». All’Università di Wash­ington si è dimostrato che la fine di una relazione può essere prevista osservando i due partner per qualche minuto mentre vivono un contrasto: a fare la differenza sarà la loro capacità di “riaggiustare” le cose dopo la lite.

La sfida. In un’epoca in cui non si sta più assieme solo perché si “deve”, cercare un nuovo partner alle prime difficoltà può sembrare l’unica via. Ma, se non si affrontano le ragioni che hanno portato alla crisi, queste rischieranno di ripresentarsi nel nuovo rapporto. «Si finisce così per ripetere un copione, commettendo sempre gli stessi errori» precisa Giusti. Restare con la stessa persona è, invece, una grande sfida. Gli psicologi della University of California, Los Angeles, hanno analizzato 172 coppie per 11 anni e hanno rilevato che è vitale per una relazione duratura l’impegno di entrambi a farla funzionare, anche a costo di sacrifici e compromessi. La sfida è anche con se stessi: sappiamo metterci in discussione? Siamo capaci di assumere la prospettiva dell’altro? Ci si potrebbe anche chiedere se analizzare e modificare se stessi non possa essere una soluzione più creativa del cambiar partner.

5 giugno 2016
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