Siete lì intenti a gonfiare la schiuma dello shampoo quando, a un tratto, una folgorazione: la soluzione a un problema che vi tormenta da tempo si affaccia alla mente come se fosse sempre stata lì.
Quante volte succede? Più di quanto si pensi, e l'acqua calda o il sapone non c'entrano. La doccia crea le condizioni perfette per quelli che gli scienziati chiamano eureka moments (realizzazioni, ispirazioni improvvise), ma non è l'unica attività a cui dedicarvi se sentite il bisogno di un'idea geniale.
Fate altro. Per gli scienziati queste epifanie creative tendono a manifestarsi quando siamo impegnati in passatempi automatici, che non richiedono grande impegno mentale: lavarsi, appunto, ma anche camminare, correre, pescare, curare le piante. Queste attività consentono al cervello di funzionare con il pilota automatico, e all'inconscio di lanciarsi libere associazioni tra idee, una volta tanto non inibite da pensieri razionali.
Nuovi punti di vista. Entriamo così in una modalità di "sogno ad occhi aperti" che rilassa la corteccia prefrontale - il centro decisionale del cervello - e attiva il default mode network: una rete neurale distribuita in diverse regioni cerebrali che lavora quando siamo impegnati in attività passive, di riposo. Si ripuliscono i percorsi più "battuti" tra regioni cerebrali e si fa spazio a connessioni inedite: in quel momento ci si apre a nuove associazioni che la mente razionale normalmente tende a escludere: tutto questo, mentre ci massaggiamo i capelli!
Isola felice. Inoltre, sotto la doccia non siamo distratti dallo smartphone né da compiti "da fare", che obbligano il cervello a ragionare in modo lineare. Idee libere di fluire inciampano contro altre idee... e l'intuizione arriva. E il fatto che ci siate arrivati sotto la doccia non la rende di minore valore.
Fidatevi delle intuizioni. La ricerca scientifica dimostra che per alcune tipologie di problemi, le soluzioni che si affacciano all'improvviso sono spesso più corrette di quelle a lungo elucubrate.
Carola Salvi e John Kounios, della Northwestern e della Drexel University (USA) hanno provato che per alcuni giochi di parole gli insight improvvisi erano giusti nel 94% dei casi, le soluzioni analitiche, trovate passo per passo, solo il 78% delle volte.