La fine dell'amore tra Totti e Ilary Blasi è solo l'ultimo eclatante esempio. Addirittura due comunicati stampa (uno a testa, ovvio) strombazzati ovunque per porre fine - si fa per dire - ai pettegolezzi: sì, è vero, il matrimonio è finito. Ecco: basta con la guerra, la covid, la politica: finalmente gli italiani hanno il gossip dell'estate. Tanto è così: che ci piaccia o no, siamo tutti pettegoli. E i pochi che cercano di non farsi coinvolgere dalla rete di gossip che li circonda (anche tra amici, nel lavoro, nei rapporti familiari...) rischiano banalmente l'isolamento. Perché?
C'era una volta il grooming. Le informazioni private sulle altre persone sono irresistibili per quasi tutti gli esseri umani. Secondo l'antropologo Robin Dunbar, dell'Università di Oxford, il pettegolezzo è un meccanismo che serve a creare legami sociali in modo simile al grooming, il caratteristico spulciarsi a vicenda praticato dai primati e dai primi ominidi. Mentre si spidocchiavano fra loro, i nostri antenati imparavano anche a distinguere gli amici dai nemici, rendendo il gruppo sempre più sicuro e compatto. Quando la tribù si allargò, non fu più concepibile che tutti spulciassero tutti. Si cominciò quindi a parlare di chi era troppo lontano dalla cerchia più intima: i cattivi non furono più identificati per osservazione diretta, ma dalle dicerie che percorrevano la comunità. Addirittura il linguaggio stesso, sempre secondo Dunbar, sarebbe nato per dar voce alle chiacchiere.
Nelle tribù dei nostri antenati il gossip era indirettamente collegato anche all'intelligenza sociale: le persone che mostravano più curiosità per la vita altrui avevano anche più capacità di influenzare i comportamenti del gruppo. La selezione naturale ha evidentemente favorito gli individui più intriganti, se ancora oggi è difficile trovare qualcuno che non provi un minimo di interesse per una storia piccante o per la dichiarazione dei redditi di un conoscente.
La sai l'ultima? Fa bene. I risvolti positivi del gossip sono tanti. La condivisione del pettegolezzo, una dimostrazione di fiducia nell'altro e consolida i legami sociali. Tant'è che l'essere esclusi dal giro di confidenze non è un buon segno: significa che non si è stati accettati dal gruppo. Attaccare la reputazione di qualcuno che ci è superiore, inoltre, ci fa anche star bene. Secondo una ricerca dell'University of California a Berkeley, negli Usa, avvisare amici e conoscenti dell'altrui disonestà allevierebbe addirittura lo stress quotidiano.
Un effetto rilassante che renderebbe più sopportabile l'imbarazzo causato dall'aver divulgato una malignità. Lo intuì anche lo scrittore Primo Levi, quando scrisse che «il pettegolezzo è una forza della natura umana. Chi ha obbedito alla natura, trasmettendo un pettegolezzo, prova il sollievo esplosivo che accompagna il soddisfacimento di un bisogno primario».
Il pettegolezzo è un ottimo deterrente per chi trasgredisce o non rispetta regole e valori del gruppo di cui fa parte. O che dalla comunità "prende" senza dare nulla in cambio. In questi casi, un bel giro di "si dice" nasconde, dietro la modalità non violenta, una precisa volontà di punire chi ha dimostrato di non essere all'altezza delle aspettative. In questo modo si bacchetta anche chi detiene il potere o è avvertito come socialmente superiore.
Il gossip di Giovenale e Marziale. Già nell'antica Roma, poeti satirici come Marziale e Giovenale mettevano alla berlina i potenti del tempo, indagando sui loro maneggi. Oggi, l'industria del gossip fattura miliardi di dollari, mitragliando a raffica notizie sull'esistenza privata di attori, cantanti e vip dello spettacolo. Ma che c'entrano gli amori di Francesco Totti o di Lady Gaga con la giustizia sociale?
Psicologi e studiosi del comportamento sostengono che nel pettegolezzo pesa molto il rovesciamento parziale o totale dei ruoli e il ripristino temporaneo dell'equilibrio di potere. Chi si sente svantaggiato dalla sorte, insomma, per una volta può ferire chi ha più fortuna o può sbirciarne le vergogne segrete. Chi è brutto compatirà chi è bello ma stupido, chi è povero godrà dei guai giudiziari o finanziari del ricco e così via, ristabilendo una temporanea equità nelle cose del mondo e avvertendo tutto ciò come atto di giustizia.
Se in altre epoche i bersagli erano i potenti, oggi sono oggetto di gossip anche i divi dello spettacolo e i personaggi pubblici perché, in qualche modo, l'intensa familiarità con questi soggetti veicolata dai media li rende equiparabili ai "potenti". E infatti i giornali scandalistici non vanno troppo per il sottile diffondendo vizi e relazioni clandestine tanto delle starlette quanto di manager e politici.
Spesso con la complicità delle stesse vittime. Accanto ai personaggi "minori" dello spettacolo che, sempre a caccia di notorietà, sono disposti a organizzare finti scoop pur di comparire sulla stampa, gli onorevoli hanno scoperto l'importanza della personalizzazione e della spettacolarizzazione della politica.
Per questo li vediamo così spesso in spettacoli e talk show televisivi o sui settimanali: in termini di popolarità sono molto più efficaci rispetto ai canali di comunicazione più classici; ma soprattutto danno un'immagine "umana" del personaggio politico.
Il brivido dell'aggressione. Se è dunque nella nostra natura essere impiccioni, non per questo dobbiamo autoassolverci tout court: la maldicenza può ferire. E gli studiosi di comportamento confermano: il pettegolezzo è una sorta di aggressione protetta, in cui chi sparla si mette al riparo dalle ritorsioni del calunniato, perché nessuno può esser condannato per aver divulgato un "si dice". Ma, come tutti gli atti di violenza, anche questo procura un thrill, un fremito d'eccitazione.
È il brivido del gesto azzardato, accompagnato dalla piacevole sensazione che, tutto sommato, si può sferrare un colpo standosene al riparo. Non a caso le cattiverie preferite sono quelle che riguardano soggetti simili a noi: stesso sesso, stessa età. Per l'antropologo Jerome Barkow, studioso di gossip della Dalhousie University (Canada), oltre alle figure "superiori", vittime preferite delle maldicenze sono gli individui con i quali ci sentiamo in competizione o che dal punto di vista evoluzionistico rappresentano dei potenziali concorrenti. Pensateci bene la prossima volta che (se siete uomini) deciderete di spettegolare sul vostro aitante vicino di casa, sempre circondato da belle donne.
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Questo articolo di Giorgio Giorgetti è tratto da Focus Storia. Perché non ti abboni?