Psicologia

Perché i dolci piacciono così tanto?

Perché i cibi zuccherini sono percepiti come piacevoli, mentre quelli amari suscitano diffidenza? Alcuni test sui topi hanno permesso di chiarire il meccanismo cerebrale profondo di questa preferenza, che ha radici antiche.

Che siate mangiatori di torte o meno, la dolcezza dei cibi è da sempre collegata al senso del piacere. Da un punto di vista evolutivo il motivo è facilmente immaginabile: ai nostri antenati conveniva essere attratti da un frutto maturo e altamente energetico, piuttosto che da un alimento amaro, probabilmente velenoso. Ma i meccanismi cerebrali alla base di questo gradimento non erano ancora del tutto chiari.

Lavorando con i topi in alcuni esperimenti comportamentali, alcuni scienziati sono riusciti a ricostruire i passaggi mancanti, scoprendo che dolce e amaro attivano diverse regioni di aree antiche e profonde nel cervello. Non solo, sono anche riusciti a interferire con questi circuiti neurali, alterando le risposte dei roditori ai cibi in modo imprevedibile, e generando reazioni positive al... nulla, o alla semplice acqua.

Lo studio, che potrebbe trovare applicazione nel trattamento dei disturbi dell'alimentazione, è stato pubblicato su Nature.

Per una volta, che sarà mai? 6 consigli per resistere alle tentazioni © Mario Anzuoni / Reuters

Il punto di partenza. Gli scienziati dello Zuckerman Institute della Columbia University (New York) avevano in passato dimostrato che le sostanze chimiche dei cibi dolci o amari attivano diversi recettori sulla lingua e inviano segnali a diverse parti della corteccia insulare o insula (un'area implicata nella conversione dei segnali in sensazioni), dove sono appunto "etichettati" come dolci o amari. Mancava da ricostruire l'ultimo tassello, quello legato alla sensazione di piacere.

Utilizzando tecniche di imaging cerebrale, i ricercatori hanno ora chiarito che i neuroni dell'insula sono connessi a diverse aree cerebrali, inclusa l'amigdala, implicata nell'elaborazione delle emozioni. I segnali che l'amigdala riceve sono diversi a seconda che il cibo sia dolce o amaro.

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Il potere consolatorio di una fetta di torta: da dove arriva? 10 cose + 1 che forse non sapevi sullo zucchero © anokarina

Come ci si è arrivati. Il team è giunto a questa conclusione attraverso una serie di esperimenti. Inizialmente, alcuni topi sono stati geneticamente modificati affinché i neuroni della loro amigdala rispondessero a stimoli luminosi.

Quindi, usando fibre ottiche impiantate, le regioni dell'amigdala corrispondenti a "dolce" e "amaro" sono state attivate con la luce, ogni volta che i topi entravano in alcune "stanze" allestite per il test.

Gli animali non hanno toccato cibo, ma hanno evitato le stanze quando le aree dell'amaro venivano stimolate, mentre si sono soffermati a lungo nei locali quando ad essere attivate erano quelle del dolce. Ciò ha permesso di dimostrare che le aree del "dolce" nell'amigdala erano associate a emozioni positive, e viceversa.

Attivare le due diverse aree con la luce ha inoltre fatto sì che i topi bevessero di gusto, o evitassero storcendo il naso, della semplice acqua, comportandosi come se avessero davanti alternativamente miele o veleno.

Anche l'esperimento opposto ha funzionato. I topi ingegnerizzati per avere l'amigdala disattivata da un farmaco si sono dimostrati indifferenti a liquidi zuccherini o molto amari quando le rispettive aree dell'amigdala venivano messe a tacere.

Un ruolo preciso. Infine, i topi addestrati a scegliere una porta o l'altra in base al sapore avvertito sono riusciti a distinguere tra dolce e amaro anche con l'amigdala disattivata, segno che riuscivano comunque ad etichettare la sensazione, pur non collegandola a un riscontro emotivo (positivo o negativo).

È quindi il percorso che uno stimolo intraprende per arrivare nell'amigdala a decidere se uno stimolo sarà percepito come piacevole o sgradevole. Le prossime ricerche si spingeranno ad analizzare altri aspetti dell'esperienza gustativa, come la memoria: un boccone disgustoso può lasciare una sensazione di repulsione impressa molto a lungo, ma per quale motivo? Fin dove si spinge il primo segnale?

2 giugno 2018 Elisabetta Intini
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