Capita spesso: in compagnia diventiamo tutti un po' più stupidi - e non solamente durante l'adolescenza, ma a tutte le età. Per psicologi e sociologi questo succede perché, quando siamo in gruppo, nella nostra psiche si attiva una spinta spontanea verso l'empatia e l'adattamento al comportamento altrui.
Empatia evolutiva. Questo meccanismo ha l'obiettivo di tenere unite le persone che fanno parte del gruppo e il motivo per cui accade è di origine evolutiva: da sempre l'uomo avverte il bisogno di appartenza, perché da sempre deve collaborare per sopravvivere. Il principale risultato di queste spinte psicologiche è il conformismo, cioè la tendenza ad agire e pensare come si ritiene faccia piacere agli altri.


Alla ricerca dell'approvazione. Il conformismo permette ai singoli di essere accettati più facilmente e determina il reciproco riconoscimento fra i membri di un gruppo: se l'altro agisce e pensa come noi, insomma, abbiamo la sensazione di fare parte della stessa famiglia. Basterebbe questo a spiegare perché a volte in compagnia si è disposti a fare cose avventate o stupide, purché siano condivise dal gruppo.
quando diventa un pericolo. Un secondo fenomeno psicologico che deriva dal bisogno di appartenza è però quello chiamato di deindividuazione (o deindividualizzazione), che può essere più pericoloso perché provoca una riduzione della coscienza da parte dei singoli fino ad arrivare alla sospensione dei valori morali personali: è causato, infatti, anche dall'illusione di essere invisibili perché completamente assorbiti e protetti dal gruppo.
In piazza o negli stadi. La deindividuazione è associata a comportamenti violenti, come quelli che si verificano nei tumulti di piazza o negli stadi. Nei casi più estremi, questo meccanismo è accompagnato dall'affermarsi di codici e valori che formano l'identità del gruppo, ma annientano quella degli individui: come raccontano alcuni episodi di cronaca, può succedere nel branco di adolescenti violenti o in seno a sette aggregate attorno a una persona.