Psicologia

Nella mente di un ladro

Un reporter della BBC ha trascorso una giornata nei panni di un topo di appartamento, provando ad agire e vedere la realtà dalla sua prospettiva. Ecco che cosa ha imparato, e come possiamo sfruttarlo.

«Prima afferro la tv al plasma, per appoggiarla per terra poco dopo. Il tempo scorre veloce, corro di sopra, poi scendo, risalgo di nuovo. Prendo un computer, un telefono, ma - nella fretta - mi sono perso il malloppo più grosso. Claire, la mia complice, alza gli occhi al cielo. Punta a una giacca appesa a una sedia: dentro ci sono un portafogli, con carta di credito e chiavi».

Non è il racconto di un ladro, ma di un giornalista della BBC, David Robson, che per un giorno ha provato a guardare la realtà con gli occhi di un topo da appartamento.

Ci è riuscito grazie a un programma di realtà virtuale messo a punto da Claire Nee, psicologa forense dell'Università di Portsmouth (Inghilterra), che da anni lavora per capire i meccanismi di azione e di ragionamento di chi ruba per vivere.

Chiacchiere e questionari. Nee ha iniziato la sua ricerca intervistando i ladri in carcere: con sua grande sorpresa ha scoperto interlocutori ben disposti a raccontare le proprie strategie, anche di fronte alle piantine di finti appartamenti.

Si è fatta spiegare tattiche e modo di procedere, e poi ha invitato un gruppo di ladri esperti - insieme ad alcuni studenti campione - in una casa di proprietà della polizia, appositamente riempita di oggetti appetibili.

Qualità vs quantità. Grazie a telecamere fissate sulla fronte di ciascun volontario, la ricercatrice ha filmato le varie mosse: mentre i ladri hanno rubato complessivamente meno cose, ma di maggior valore, i soggetti inesperti hanno arraffato tutto ciò che trovavano, senza curarsi più di tanto del loro valore.

Con queste informazioni Nee ha realizzato una serie simulazioni virtuali del modo di agire dei ladri. Che stanno rivelando informazioni curiose e inaspettate sul comportamento dei malviventi. Vediamone alcune.

Che cosa prendereste? © Network Instiitute at Vrij University, Amsterdam

A colpo sicuro. Per esempio, si potrebbe pensare che chi ruba si avventi in modo impulsivo, indiscriminato e quasi opportunistico su quanto trova in una casa. Niente di più lontano dal vero: le ricerche di Nee hanno evidenziato un modo di procedere basato su complesse competenze cognitive, che permettono al ladro di procedere "col pilota automatico", in modo non dissimile (nella forma, non nel contenuto) da quello sfruttato da un giocatore di scacchi.

Dritti al punto. Questo modo di procedere navigato e sistematico permette al ladro di non perdere la testa dinnanzi a un appartamento pieno di oggetti di valore, e di afferrare solo gli oggetti piccoli, preziosi e facili da trasportare, e il cui valore non si deprezzi rapidamente dopo pochi mesi (come avviene, per esempio, con alcuni articoli di elettronica).

Concentrare le risorse. In pratica, è come se il processo di ricerca degli articoli da rubare avvenisse a un livello al di sotto della soglia di coscienza, guidato da un istinto naturale: le decisioni si prendono quasi ad occhi chiusi, seguendo un flusso di eventi collaudato. Così la maggior parte dell'attenzione può essere dedicata a evitare di essere scoperti.

L'esperienza fornisce una conoscenza più profonda delle possibili vie di fuga e della topografia di una casa, in modo che le soluzioni arrivino quasi in automatico, senza bisogno di dover vagliare ogni possibilità, come farebbe un principiante.

Musica per le mie orecchie. Ecco perché, secondo Nee, gli allarmi non sempre funzionano da deterrente. Se nessun vicino chiama la polizia entro 20 minuti, il ladro ha tutto il tempo di agire indisturbato. Il suono della sirena non lo turba: fa già parte di tutta una serie di ostacoli con cui ha imparato a convivere, già incorporati nella serie di eventi con cui dovrà confrontarsi durante l'effrazione. L'allarme è già nel suo schema mentale: se il ladro è esperto, continuerà a rubare indisturbato senza curarsi del suono.

Per contrastarli, bisogna farsi creativi. © Jean Claude MOSCHETTI/REA/contrasto

Ma c'è qualcuno in casa? Una strategia che invece potrebbe confonderlo, spiega la psicologa, è cercare di destabilizzarlo con rumori che non si aspetta, in moda da interferire col pilota automatico e interrompere il flusso del suo agire con un elemento di disturbo.

Registrare e diffondere in una casa vuota il rumore di passi, o un semplice rumore bianco (simile a un fruscio, o al ronzio di un phon) potrebbe indurre l'intruso a ritornare sui propri passi. Anche disporre le stanze - e i loro contenuti - in un modo meno prevedibile del solito può rompere le uova nel paniere a un malvivente.

Impulso irresistibile. Un altro problema è che la vista di una porta o di una finestra aperta può suscitare, nei ladri più recidivi, un desiderio di agire guidato dal circuito della ricompensa del cervello, che rende più difficile resistere alla tentazione di rubare.

Claire Nee sta lavorando insieme a un'istituzione olandese, il Netherlands Institute for the Study of Crime and Law Enforcement, per decifrare le emozioni legate a questi stimoli, e trovare terapie riabilitative che possano allontanare i ladri dalla cattiva strada.

Una buona prassi. In attesa che la scienza ci aiuti a contrastare il crimine, meglio attenersi alle canoniche misure di sicurezza: quando uscite, porte e finestre chiuse. Ma soprattutto, fingete di non lasciare la casa incustodita, per esempio, parlando con un familiare immaginario mentre vi tirate dietro la porta, anche non c'è nessuno.

La grande maggioranza dei ladri intervistati da Nee si è detta disposta a fare di tutto, pur di evitare il contatto diretto coi legittimi padroni di casa.

13 settembre 2016 Elisabetta Intini
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