Il figlio maggiore più responsabile, il più piccolo anticonformista e ribelle, quelli in mezzo (se ci sono) più tranquilli e alla mano. Se e come l’ordine di nascita influisca sulla personalità è un argomento che appassiona tanto la gente comune quanto i ricercatori.
Finora diversi studi hanno in qualche modo dato ragione agli stereotipi, ma a guardar meglio forse non è così. Uno studio pubblicato sulla rivista PNAS, che ha analizzato un gran numero di individui alla ricerca di effetti dell'ordine di nascita in famiglia sul tipo di persona che siamo, non ha trovato supporto all’ipotesi che arrivare prima o dopo altri fratelli modelli e plasmi in una certa direzione il carattere.
Una storia che parte da lontano. Nel 1874 Francis Galton, il più giovane di nove figli, analizzò un campione di scienziati inglesi e scoprì che i primogeniti erano i più rappresentati rispetto agli altri. Si fece così l’idea che il motivo fosse da ricercare nel fatto che i figli maggiori beneficiano di un trattamento privilegiato da parte dei genitori, che dà loro un vantaggio, anche da un punto di vista intellettuale, nella vita.
Cinquant’anni dopo, lo psichiatra Alfred Adler, secondo di sette figli, allargò questo concetto ai tratti della personalità, sostenendo che sia i primi che gli ultimi figli, costantemente in lotta per la superiorità e per guadagnarsi le attenzioni dei genitori, erano più inclini a diventare nevrotici, mentre i figli di mezzo sarebbero cresciuti più equilibrati e tranquilli.
Questa sua teoria fu causa di un’accesa disputa e della rottura con Sigmund Freud, padre della psicanalisi e a sua volta primogenito, che non la accettava.
Tesi recenti. In tempi più recenti, le ipotesi su come l’ordine di nascita possa influenzare la personalità si sono ispirate alle teorie evoluzionistiche: secondo alcuni autori, in particolare lo psicologo Frank Sulloway, i figli sarebbero in competizione per ottenere il massimo dell’investimento su di loro da parte dei genitori, e ciascuno svilupperebbe particolari strategie per farlo, calandosi in diversi ruoli all’interno della famiglia, e differenziando in questo modo tratti specifici del carattere. Così, i maggiori cercherebbero soprattutto di compiacere papà e mamma, diventando più responsabili ma anche dominanti e meno piacevoli, mentre i più piccoli sarebbero più originali e adattabili, dovendo cercare strade alternative per affermarsi in famiglia e nella società.
Non è colpa di quando siamo nati. Per il nuovo studio, un gruppo di ricercatori tedeschi ha analizzato i dati raccolti su più di ventimila adulti negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania, inclusi test di intelligenza e questionari sulla personalità, in modo da paragonare i figli nati all’interno della stessa famiglia e quelli dello stesso ordine di nascita in famiglie diverse.
Dall’analisi dei dati relativi a questo gran numero di soggetti è emerso che l’ordine di nascita non ha praticamente effetto su nessuno di quelli che sono considerati i cinque principali tratti della personalità: estroversione, stabilità emotiva, gradevolezza, coscienziosità e immaginazione.
Primogeniti (un pochino) più intelligenti. Quello che sembra confermato con una certo grado di sicurezza è che, come altri studi hanno più volte suggerito, i primogeniti sono “più intelligenti”, affermazione che però va presa per quello che è: ovvero, negli studi epidemiologici hanno risultati leggermente superiori nei test che misurano il quoziente intellettivo. Anche la nuova ricerca conferma questo vantaggio per chi nasce prima: in sei casi su dieci il primogenito sarà leggermente più intelligente del secondo. Ma nei restanti quattro, chi è nato dopo risulterà comunque più intelligente del fratello maggiore.