Difficilmente si cambia idea: giuste o sbagliate che siano, ciascuno rimane saldamento attaccato alle proprie convinzioni, e anche il più sensato e logico dei ragionamenti raramente serve a smuoverle. Per questo aveva suscitato interesse uno studio pubblicato sulla rivista Science secondo cui una conversazioni di pochi minuti con chi “incarna” l’oggetto del contendere (nello specifico, i matrimoni tra persone dello stesso sesso) può far cambiare idea anche su temi scottanti: un attivista gay che racconta la propria storia e le proprie difficoltà può convincere anche il più ostinato avversario dei matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Ne abbiamo parlato nell'articolo Matrimoni gay, basta poco per cambiare idea. Peccato che quello studio fosse basato su dati falsi, forse completamente inventati.
Dopo che è stato ritirato dal Science, è nato un acceso dibattito non tanto sulla ricerca in sé, ma sulla solidità dei risultati in alcuni ambiti della ricerca, come le scienze sociali, e sulla difficoltà di porre paletti per evitare che errori involontari o vere e proprie frodi - di cui sempre più spesso si parla - arrivino sulle pagine delle riviste scientifiche. Questo articolo sul New Yorker fa un resoconto interessante con i retroscena di tutta la vicenda.
Come sono andate le cose. I due protagonisti della storia sono Donald Green, uno stimato professore di scienze sociali alla Columbia University, e Michael LaCour, brillante studente di dottorato di scienze politiche all’Università della California a Los Angeles.
LaCour alcuni anni fa propone a Green un esperimento per verificare sul campo se e quanto un’interazione personale possa aiutare a superare i pregiudizi: proprio l’oggetto di studio del professore.
Le basi dell'esperimento erano di fatto già gettate perché un’associazione per i diritti degli omosessuali di Los Angeles stava facendo una campagna intensiva: i suoi attivisti giravano di porta in porta nei quartieri considerati più conservatori per parlare a favore dei matrimoni gay.
I dati sorprendenti. A distanza di tempo erano poi stati condotti dei sondaggi su Internet per verificare quante persone avevano cambiato idea e il risultato inaspettato - riportato nello studio - era che le persone contattate da attivisti che, secondo un copione prestabilito, si erano dichiarati apertamente gay durante la conversazione, avevano cambiato opinione molto di più di chi avevano parlato con i sostenitori dei matrimoni omosessuali che non avevano detto nulla riguardo al proprio orientamento.
Il messaggero - era stata la conclusione - conta quanto e più del messaggio.
Non proprio, a quanto pare. Tre giovani studiosi di scienze politiche di Berkeley e Yale, che avevano pensato di andare avanti con la ricerca continuando i sondaggi, si sono insospettiti. Innanzi tutto hanno trovato un tasso di risposte, nel loro gruppo di intervistati, assai più basso di quello dello studio che li aveva preceduti.
Analizzando a fondo i dati hanno poi riscontrato diverse altre anomalie. E quando hanno chiesto spiegazioni a LaCour, che aveva fatto da solo la raccolta e l’analisi dei dati, si sono prima sentiti rispondere che li aveva cancellati per errore (i dati sono poi risultati al loro posto nel database), poi ha preso tempo per fornire una risposta che finora non è arrivata.
È stato avvertito Green, che a sua volta ha subito scritto a Science una lettera di ritrattazione dello studio, convinto che il suo giovane allievo avesse come minimo manomesso i dati. Il forte sospetto è che siano stati del tutto inventati.
Occasione sprecata. Un vero peccato, secondo vari esperti di questo genere di studi. Quello compiuto sul campo era un vero e proprio esperimento controllato, assai difficile da realizzare nelle scienze sociali: un'occasione persa per capire se davvero il contatto personale basta per far cambiare opinione e superare i pregiudizi. O se tutto ciò era semplicemente troppo bello per essere vero.