Una ricerca di alcuni psicologi mette in dubbio l'attendibilità delle testimonianze di chi ha subito traumi psicologici.
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Un prigioniero iracheno torturato nell'orami famigerato carcere di Abu Ghraib, alle porte di Baghdad. |
Gli episodi di violenza, tortura e soprusi perpetrati dai militari americani all'interno del carcere iracheno di Abu Grahib hanno riacceso l'interesse di magistrati e psicologi sui meccanismi che regolano percezioni e ricordi nelle vittime di eventi particolarmente traumatici.
In passato sono stati condotti diversi studi sull'argomento, e sebbene siano sempre stati considerati poco affidabili a causa della difficoltà di ricostruzione delle condizioni di stress adatte, hanno comunque indotto a considerare con molta prudenza le dichiarazioni rilasciate da prigionieri di guerra, vittime di sequestri e di altri eventi psicologicamente provanti.
Uno studio recentemente condotto dalla Yale Univerisity ha cercato di fare chiarezza.
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Una ricerca "da paura". La ricerca ha interessato 500 soldati di un centro di addestramento dell'esercito americano, dove, in tre falsi campi di detenzione, sono state ricostruite le condizioni fisiche e psicologiche che si trovano ad affrontare i cosiddetti POW (Prisoner of War), i prigionieri di guerra. (Notizia aggiornata al 15 giugno 2004) |