Olfatto e parole non sono indipendenti, se l'odore piacevole di un formaggio ci viene presentato come odore di corpo umano diventa subito sgradevole. Alcuni scienziati hanno scoperto che le parole influiscono sulla zona del cervello che analizza le informazioni olfattive.
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Puzza o profuma? Chissà se le etichette possono ingannare anche gli annusatori professionisti. |
Eau de cheddar. Gli scienziati hanno presentato ad alcuni volontari una “essenza” di formaggio, in due contenitori uno con l'etichetta “cheddar” (tipo di formaggio diffuso nei paesi del Nord Europa) e l'altro chiamandolo “odore di corpo umano”. Con la prima etichetta i volontari consideravano la fragranza piacevole, mentre con la seconda erano sicuri di trovarsi di fronte a un cattivo odore.
Operazione olfatto. I ricercatori hanno poi analizzato con la risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI), il cervello dei soggetti mentre annusavano la sostanza odorosa. Quando era chiamata “cheddar” si attivava una zona precisa nella regione che analizza le informazioni olfattive, mentre la stessa parte non si accendeva quando veniva letta l'etichetta “odore di corpo umano”. Identici i risultati quando i contenitori etichettati sono stati riempiti solo di aria fresca. Anche in caso di non odore, quindi, le parole influenzano il giudizio olfattivo.
Il potere della parola. A differenza delle immagini, che per gli scienziati non hanno la stessa “presa” nel cervello, la percezione degli odori può essere pilotata dalle parole. E quelle piacevoli sembra che influenzino la zona del cervello che identifica gli odori come buoni.
Un risultato che, se confermato, potrebbe allertare molti gestori di ristoranti e far prevedere futuristiche applicazioni nel mondo della pubblicità .
( Notizia aggiornata al 19 maggio 2005)