Psicologia

Le formule dell'amore

L’amore, con i suoi misteri, è stato sezionato e studiato in tutti i modi. E, chi l’avrebbe detto, è stato indagato perfino con le “armi” dell’algebra e addirittura della fisica quantistica.

Più di uno studioso ha cercato di applicare fisica e relazioni algebriche all’amore e alle sue dinamiche per ottenere più informazioni. E non è un’idea sbagliata: «Grazie alla matematica possiamo prevedere tutta una serie di fenomeni – dal tempo meteorologico allo sviluppo delle città – e capire il funzionamento della natura in ogni suo livello, dall’immensità dell’universo fino alle particelle subatomiche», scrive Hannah Fry, ricercatrice di Matematica e di Teoria della complessità presso il Centro di Analisi spaziale avanzata dell’University College di Londra e autrice del libro La matematica dell’amore.

Diversi studiosi hanno cercato di capire meglio l’amore attraverso la matematica. Una di queste è la matematica inglese Hannah Fry.

Alla ricerca dell’equazione della vita. «Per fortuna, l’amore è pieno di schemi di comportamento, dal numero di partner sessuali che abbiamo nel corso della nostra esistenza al modo in cui scegliamo le persone con cui scambiare messaggi su un sito internet di appuntamenti. Questi schemi cambiano, si modificano più e più volte e si evolvono proprio come l’amore. La loro descrizione è alla portata della matematica».

Tant’è vero che molti studiosi, calcolatrice alla mano, hanno cercato di misurare questo sentimento universale e di rispondere alle domande che più frequentemente si pongono gli innamorati. Sapere, per esempio, se quello che proviamo per qualcuno è un sentimento vero.

Pensavo fosse amore, invece… Lo ha fatto, per esempio, Donn Byrne, psicologo sociale alla State University of New York ad Albany, Stati Uniti: ha elaborato una formula che consente a chiunque di verificare se ciò che sentiamo per il partner è vero amore oppure no. La formula è questa:

In questa formula, A è l’attrazione per il partner, B il piacere psicologico della sua compagnia, C il desiderio di intimità con lui/lei, D il bisogno di essere accettati dal partner, E la paura di essere abbandonati da lui/lei. A ognuna di queste variabili bisogna attribuire un valore da 1 a 10 e poi fare il calcolo.

Una volta eseguito il calcolo, si ottiene un numero Y. Bisogna poi ripetere l’operazione pensando all’amico/a più caro/a. Secondo Byrne, la relazione è tanto più stabile quanto più la differenza tra i due risultati Y è grande (dev’essere almeno 15). Cioè, quanto più il partner è importante rispetto all’amicizia più cara. I fattori di moltiplicazione (i numeri davanti alle variabili) permettono di mettere a confronto molte amicizie e amori.

Coccole-insulti 5 a 1. La matematica può aiutare anche a rendere stabile un idillio. Perlomeno secondo John Gottman, oggi professore emerito di Psicologia alla University of Washington, che ha dedicato la vita a studiare quanto può “reggere” una coppia e a che condizioni. Gottman ha scritto queste formule:

La prima significa che nella vita a due, i segnali di affetto (S) cioè carezze, coccole, sguardi di intesa, devono essere almeno cinque volte più numerosi di quelli di risentimento (G) cioè grida, commenti cattivi ecc... La seconda vuol dire che, ogni 100 commenti riguardo al partner, quelli negativi (N) devono essere meno di dieci. Se queste condizioni vengono rispettate, la coppia reggerà.

Parabola dell’insicurezza. E c’è chi non si accontenta di scrivere la formula dell’amore, ma preferisce seguirne l’andamento nel tempo. Magari per prevedere come si stabilizzerà la relazione. Sergio Rinaldi, docente di Teoria dei sistemi al Politecnico di Milano, ha trasformato i vari tipi di rapporto in equazioni differenziali simili a quelle usate per descrivere il moto dei pianeti.

Per lui, l’amore si può riassumere così:

Vuol dire che l’amore (A) che si prova per il partner in un dato giorno (t) è uguale all’amore del giorno prima (t-1) diminuito dalla dimenticanza (D), cioè la tendenza che abbiamo tutti a fare spazio mentale per noi stessi, più il rinforzo (R) dato dall’amore del partner nei nostri confronti, più il fascino (F) che il partner ha su di noi.

In realtà il modello matematico è molto più complesso, perché sia la dimenticanza sia il fascino sia il rinforzo sono anch’essi descritti da equazioni differenziali. «Si può dimostrare matematicamente che se il partner si fa bello o si veste elegante, aumentando così il suo fascino, questo fa innamorare di più chi sta a guardare. Se l’amore totale del partner elegante cresce di un 2 per cento, quello del suo compagno/a cresce del 5 per cento», continua Rinaldi. Ancora più complicato è tracciare l’andamento di un amore a tre: lo studioso ha usato addirittura la matematica del caos. Per esempio, nel caso di una donna legata a due uomini, la preferenza oscilla come un’onda tra l’uno e l’altro.


Il matrimonio stabile. Anche altri studi trasformano in cifre i rapporti di coppia. Secondo Zick Rubin, docente di Psicologia ad Harvard, si possono stimare le possibilità di sopravvivenza di una coppia sulla base del numero di sguardi che i partner si scambiano. Più sono, più è probabile che i due resteranno insieme.

Il fisico Guido Caldarelli dell’Institute for Advanced Studies di Lucca, e Andrea Capocci, ricercatore all’Università Sapienza di Roma, hanno invece studiato un algoritmo chiamato Stable Marriage Problem (problema del matrimonio stabile), ideato dai matematici americani David Gale e Lloyd Shapley negli anni ‘60: «Abbiamo introdotto nell’algoritmo il fattore bellezza. Per semplificare: abbiamo tre uomini (Carlo, Pietro e Andrea) e tre donne (Anna, Laura e Maria). Ognuna di queste persone ha le sue preferenze. Noi dobbiamo trovare gli accoppiamenti che accontentano più gente possibile. Se tutti sposassero il partner preferito, la scontentezza sarebbe minima. Ma se Anna, per esempio, fosse davvero carina, sarebbe la prima o la seconda nella lista di molti uomini e qualcuno dovrebbe accontentarsi». Insomma, è la dimostrazione matematica che per costruire un rapporto solido nel tempo bisogna restare “al proprio livello”.


Fisica quantistica. E c’è anche chi ha voluto vedere in un’equazione di fisica quantistica la definizione di un rapporto amoroso. L’equazione è quella di Dirac (il matematico inglese Paul Dirac la scrisse nel 1928), definita “la più bella formula al mondo”. Eccola:

L’equazione descrive anche il fenomeno dell’entanglement quantistico, ipotizzato da Erwin Schrödinger nel 1935 e che in parole semplici si può descrivere così: se due particelle microscopiche interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo con una certa modalità, e poi vengono separate, non si possono più descrivere come due particelle distinte, ma in qualche modo “condividono” alcune proprietà.

Quello che accade a una di loro continua a influenzare l’altra, ma solo fin quando restano isolate. Nel momento in cui le due particelle interagiscono con l’ambiente esterno, ridiventano due particelle indipendenti. Un po’ quello che accade a due persone che si incontrano e si innamorano: anche se la vita le allontana, continueranno ad avere l’uno qualcosa dell’altra.

«L’entanglement, una delle caratteristiche della meccanica quantistica, si applica solo a sistemi atomici e subatomici e ai fotoni, o al massimo a gruppi di atomi molto freddi, per cui non si può automaticamente estendere agli oggetti macroscopici e tantomeno ai rapporti umani», precisa Carlo Cosmelli, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma. Inoltre, per sottolineare la relazione tra entanglement e amore viene citata soprattutto l’equazione di Dirac, ma «benché l’equazione di Dirac sia un’elegantissima estensione relativistica dell’equazione di Schrödinger», continua Cosmelli, «non è necessaria per descrivere questo fenomeno».

Gli uomini più intelligenti piacciono di più?
La preferenza femminile per i maschi più intelligenti è dimostrata da numerosi studi. E, secondo una teoria recente, a far crescere di volume il cervello umano negli ultimi tre milioni di anni sarebbe stata proprio la “selezione sessuale femminile” e non solo l’abilità maschile nel costruire strumenti di pietra, come si era creduto finora. Le femmine di ominidi, da Australopithecus afarensis in poi, hanno cioè preferito accoppiarsi e stringere legami affettivi con maschi più intelligenti. Nel corso delle generazioni, questa “corsa alle teste d’uovo” avrebbe portato all’affermazione del carattere “intelligenza”.
Intelligenza minima. Una ricerca dell’American Psychological Association ha valutato l’intelligenza minima richiesta al partner da uomini e donne a seconda del tipo di rapporto. Anche solo per un incontro di una notte, le donne sono molto più esigenti degli uomini: scarterebbero il 40% dei possibili compagni, mentre i maschi eviterebbero solo un 25% di donne. Ma quando si tratta di matrimonio le pretese maschili si alzano, fino a superare quelle delle donne (le possibili mogli scartate sono quasi il 55%).

Paola Grimaldi e Raffaella Procenzano per Focus Extra

16 febbraio 2018
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