Psicologia

La stimolazione elettrica del cervello contro i crimini violenti

Una tecnica per modulare l'attività elettrica di una specifica area cerebrale sembra ridurre la frequenza di intenzioni aggressive: un viaggio nel futuro o un tuffo nel passato? Se dovesse funzionare, chi autorizzerebbe a utilizzarla? Con quali conseguenze?

La stimolazione elettrica di una specifica area cerebrale, il cui malfunzionamento sembra essere legato a comportamenti aggressivi, pare riduca le intenzioni di commettere atti violenti. A esplorare le potenzialità della tecnica, le cui possibili applicazioni restano oscure così come i suoi effetti a lungo termine, è stato un gruppo di ricercatori delle università della Pennsylvania (Usa) e della Nanyang Technological (Singapore).

L'incentivo elettrico. Il legame tra ridotta attività della corteccia prefrontale e comportamenti antisociali è noto da tempo, ma non era chiaro se ciò fosse sufficiente a istigare comportamenti violenti. Per esplorare questo territorio i ricercatori hanno provato a stimolare questa porzione di cervello, implicata nell'elaborazione di comportamenti complessi e azioni volontarie, incrementandone l'attività.

Utilizzando una tecnica che altera la frequenza con cui i neuroni "scaricano", la tDCS (stimolazione transcranica elettrica continua), il team ha somministrato una corrente di 2 milliampere alla corteccia prefrontale dorsolaterale della metà di un gruppo di 81 volontari adulti, in un'unica sessione di 20 minuti. All'altra metà, il gruppo di controllo, è stata data una piccola scarica di 30 secondi, troppo breve per produrre effetti, seguita da 19 minuti di nulla.

L'intero gruppo ha poi dovuto leggere due ipotetici scenari, che descrivevano rispettivamente un assalto fisico e uno sessuale, e ciascuno ha dovuto stabilire in quale probabilità si sarebbe comportato come il protagonista. In chi aveva ricevuto la reale stimolazione, la percentuale di risposte all'insegna della violenza è scesa almeno della metà: tra il 47 e il 70 per cento. Tuttavia, la stimolazione non ha ridotto la probabilità di compiere atti violenti veri e propri: in laboratorio, i soggetti si sono accaniti su una bambolina voodoo con uguale intensità, prima e dopo il trattamento. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience.

Terapia shock. Occorrerà molto altro lavoro per confermare l'efficacia del trattamento, ma per gli autori dello studio, se ciò di fatto accadesse, la tecnica potrebbe essere sfruttata come approccio per ridurre le "recidive" di crimini violenti - sempre che alla loro origine possa esserci una qualche componente biologica. «Quando la maggior parte delle persone pensa a un crimine, immagina quartieri difficili, povertà, discriminazione», afferma Adrian Raine, tra gli autori dello studio, «tuttavia pensiamo possa esserci un contributo biologico al crimine che non è mai stato seriamente considerato.»

Affermazioni, queste, che si inseriscono in un filone di ricerche che da tempo esplora la possibilità che i comportamenti violenti più ricorrenti possano avere in parte origine da connessioni neurali anomale - se così fosse, si aprirebbe un capitolo complesso in termini legali e di responsabilità individuale.

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Nel film di fantascienza L'uomo terminale (1974) un costruttore di robot è colpito da un trauma cerebrale che scatena comportamenti violenti incontrollabili. Una serie di elettrodi inseriti chirurgicamente nel suo cervello dovrebbero riuscire a sedarli, ma finiscono per creare assuefazione... © Photo via mediacritica.it

Così non va: ti riprogrammo! In ogni caso, posto che un interruttore per spegnere i comportamenti violenti non esiste, come immaginare la neuro-modulazione in un sistema carcerario, senza cadere nei problemi etici sollevati dai film di fantascienza? Ci si può aspettare che chi è in carcere per aver contravvenuto a norme sociali condivise, dia il consenso a un trattamento che potrebbe cambiare il suo comportamento? O che sia costretto a subirlo?

Effetti indesiderati. La tDCS permette di consegnare una leggera corrente elettrica continua a specifiche aree del cervello attraverso elettrodi. Chi vi si sottopone quasi sempre non percepisce nulla, salvo una lieve irritazione della pelle. Ma come ha spiegato al Guardian Caroline Di Bernardi Luft, psicologa esperta di tDCS della Queen Mary University of London, questo tipo di stimolazione dà una accelerata, porta in superficie qualunque cosa stia accadendo nel cervello, e potrebbe anche peggiorare le cose. Per aggirare questo rischio, la si potrebbe forse usare su aree che incentivino comportamenti di "integrità morale".

In ogni caso, non è stata testata su persone che hanno con una storia di crimini violenti alle spalle, e non ci sono prove sufficienti per dire che funzioni.

5 luglio 2018 Elisabetta Intini
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