A volte, essere parte di una folla può essere più che scomodo: può costare la vita. La cronaca riporta spesso episodi di panico di massa generalizzato. La scorsa estate piazza San Carlo di Torino è diventata famosa per le scene di panico dopo la partita di Champions, costate più di mille feriti.
Questi eventi tragici sono per lo più evitabili e gli scienziati da tempo studiano nuovi sistemi per minimizzare la possibilità che si ripetano, come spiega un articolo uscito su BBC Future.
Dalle masse alla folla. Di psicologia della folla si parlava già nell’Ottocento. Allora però le folle erano analizzate soprattutto da un punto di vista politico e sociologico: si studiava l'impatto che potevano avere le masse sulla società. Oggi questo aspetto interessa meno, o almeno non interessa agli scienziati che prendono invece in considerazione l'aspetto psicologico della folla.
La folla ragiona? Gli studiosi sanno bene che la folla non è solo un insieme di individui, ma ha una sua specifica identità collettiva che spesso emerge proprio nei momenti di emergenza, per esempio durante attacchi cosiddetti CBRN (iniziali per chimici, biologici, radiologici, nucleari). Questa identità è la chiave per capire come potrebbe comportarsi la folla in determinate situazioni.
La prima cosa da fare per chi deve gestirla è non minare questa identità. Piuttosto, è importante comprenderne bene la psicologia e le "regole" che la governano. In alcuni casi intervenire a sproposito può infatti fare molti danni.
Un esempio è la strage di Hillsborough del 15 aprile 1989 allo stadio di Sheffield (Regno Unito) che costò la vita a 96 persone. In quell'occasione, chi gestiva l'ordine pubblico decise a pochi minuti dall'inizio della partita di far entrare da un ingresso laterale le moltissime persone (più di quelle che lo stadio potesse contenere) che ancora si accalcavano fuori dall0 stadio. La folla entrò in maniera sconsiderata, accalcandosi, spingendo e schiacciando le persone che avevano già preso posto in piedi, che si trovarono così spinte verso il basso e contro la recinzione che separava gli spalti dal campo...
Niente panico. Chi ha gestito la massa in quel caso non è stato in grado di prevedere come si sarebbero comportate le persone in un contesto simile. Da un punto di vista psicologico è importante però anche non eccedere in senso opposto, ovvero nel ventilare pericoli che in realtà non ci sono.
Il problema, infatti, è che se le persone si convincono che gli altri si faranno prendere dal panico, finiranno molto probabilmente per suggestionarsi loro stessi.
Il panico è contagioso, e soprattutto irrazionale.
Al sicuro. I ricercatori studiano però anche quali sono gli interventi urbanistici e architettonici capaci di ridurre o arginare i danni provocati da una folla fuori controllo: oggi è possibile fare delle simulazioni e tracciare variabili in diversi scenari per capire come potrebbe reagire la folla in determinate condizioni.
Se in un ospedale scoppia un incendio, dove si potrebbero dirigere le persone? Le simulazioni aiutano a prevenire episodi di panico generalizzato. In alcuni casi può essere sufficiente spostare un'uscita di sicurezza per migliorare la situazione. O ripensare la struttura degli spazi: corridoi di emergenza, uscite di emergenza, luoghi di ristoro non vanno infatti posizionati a caso, ma devono rispondere a criteri di sicurezza.
E in futuro? Nonostante i progressi compiuti dalla scienza nella gestione di queste problematiche, c'è ancora margine per migliorare. Le folle fisiche infatti nelle emergenze possono diventare folle psicologiche.
I modelli di computer possono interpretare questi cambiamenti: ciò che le persone dicono potrebbe essere confrontato tramite sensori con quello che le persone fanno per davvero, ottenendo una comprensione più completa del comportamento e dei bisogni umani.
Le folle sono sorprendentemente complesse e sofisticate. Ma allo stesso modo e in maniera sempre maggiore, stanno diventando sofisticate anche le tecniche per comprenderle.