Che stress! Una delle espressioni più ricorrenti nel linguaggio comune indica, in biologia, la naturale risposta a uno stimolo che minaccia il benessere fisico o psicologico. In quantità ridotte, questa reazione è indispensabile: ai nostri antenati serviva per percepire la presenza dei predatori. Ma oggi, a scatenare lo stress sono scadenze, bollette, ingorghi nel traffico: situazioni non di vita o di morte, ma che possono condurre a uno stato di agitazione cronica che può compromettere la salute cardiovascolare, e causare ansia o depressione.
La prima volta. Il termine stress fece il suo esordio negli studi di psicologia nel 1936, quando un medico austriaco, Hans Seyle, iniziò a osservare le risposte fisiologiche dei ratti ad alcuni stimoli poco piacevoli come freddo, farmaci o eccessivo esercizio fisico. A prescindere dal tipo di scocciatura, e anche nei casi in cui avessero ricevuto semplicemente un'iniezione di fisiologica, gli animali manifestavano una serie di reazioni tipiche che furono classificate come "stress": un termine mutuato dalla fisica dei materiali che indicava una risposta non specifica a uno stimolo negativo. Un tentativo di adattamento a un fattore di disturbo, volto a generare un nuovo equilibrio.
le origini nel cervello. Dal punto di vista neurologico, si entra in una situazione di stress quando l'amigdala, un gruppo di strutture cerebrali che gestisce le emozioni e in particolare la paura, percepisce un pericolo e invia un segnale all'ipotalamo, una struttura che controlla l'attività endocrina e molti meccanismi autonomi dell'organismo.
Esso rilascia un mix di ormoni, come adrenalina e cortisolo, che influenzano i sistemi endocrino, nervoso e immunitario in due modi specifici. Una prima cascata di ormoni, l'asse simpatico-midollare del surrene, attiva attraverso l'adrenalina la risposta di attacco o fuga, caratterizzata dall'aumento del ritmo respiratorio e del battito cardiaco, e dalla liberazione di fonti energetiche che preparano l'azione muscolare.
Una seconda risposta ormonale, l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, mantiene il corpo in uno stato di allerta prolungata attraverso il rilascio di una serie di messaggeri chimici di natura proteica (i neuropeptidi) che agiscono direttamente anche sui meccanismi di neurotrasmissione cerebrale. Si pensa che sia proprio per questa ragione, che lo stress eccessivo può causare ansia e depressione.
reazioni personali. Se il meccanismo di base è uguale per tutti, ciascuno risponde diversamente. L'esperienza aiuta a trovare le migliori risposte a una situazione stressante: ecco perché la gestione dei fattori stressogeni migliora con l'età.
Alcune particolari esperienze contribuiscono allo sviluppo di una carenza di stress, che in alcune situazioni può essere pericolosa perché incide sulla valutazione del rischio: per esempio, chi ha subito esperienze traumatiche durante l'infanzia (come abusi e violenze fisiche, o la mancanza di una casa) da adulto tende a mostrare minori livelli di cortisolo (l'ormone dello stress) in risposta agli eventi avversi.
Molte ricerche collegano questa apparente "insensibilità fisiologica" a una maggiore propensione al consumo di sostanze e allo sviluppo di dipendenze.
Anche lo stress dei genitori può influire sulla risposta dei figli alle situazioni stressanti, sia attraverso gli ormoni trasmessi al feto dalla madre, sia per alcune modificazioni chimiche di cellule uovo o spermatozoi (un fenomeno ben dimostrato, finora, soprattutto nei ratti).
All'estremità opposta della forbice si trova chi combatte lo stress derivante da esperienze traumatiche estreme come guerre, rapimenti, torture, malattie gravi: il disturbo post traumatico da stress, che solo negli USA interessa 7 milioni di persone, costringe chi ne è colpito a rivivere nella mente l'evento stressogeno e il disagio che ne consegue, e rende ipervigili anche agli allarmi ingiustificati.
Come rispondere?
Se tralasciamo le strategie distruttive come eccedere con l'alcol o con il cibo o negare che esista un evento stressante, esistono molti metodi efficaci di combattere lo stress, a cominciare dalla psicoterapia, e continuando con lo sport praticato regolarmente o la meditazione.
Altri approcci prevedono di affrontare direttamente il fattore stressogeno, per esempio con una migliore organizzazione della lista delle cose da fare giornaliera, o l'interruzione di una relazione "tossica".
Ne soffrono anche altri animali? L'uomo non è l'unica creatura funestata dallo stress: una recente indagine che ha coinvolto oltre 4000 padroni di cani ha rivelato che almeno la metà dei quadrupedi ne soffriva. Alcuni sintomi sono più evidenti (guaiti, brividi, tentativi di fuga), altri meno (aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna). Come per l'uomo, alcuni eventi scatenano lo stress in acuto (le visite dal veterinario), altri, come l'ansia da separazione dal padrone, lo prolungano nel tempo.
Di stress cronico possono soffrire anche gli animali nei parchi zoologici, con conseguenze sul loro sistema immunitario, sulla crescita e sulle facoltà riproduttive. Alcuni animali lo manifestano con attività ripetitive: i trichechi strofinano le zanne contro i bordi delle piscine, i pappagalli si staccano le piume; altri portano all'esasperazione comportamenti che manifesterebbero di norma in natura, come la caccia e il pattugliamento del territorio.