Psicologia

La scienza del freestyle

Che cosa accade nel cervello, quando improvvisiamo? Quali aree sono attive, e quali quiete? Perché alcune persone ci riescono meglio di altre? Con l'esercizio si può migliorare?

Ascoltando un rapper o un jazzista creare rime e motivetti "in libertà", prima o poi ve lo sarete chiesti: ma come fa a tirar fuori quest'arte così, su due piedi, senza testi o spartiti?

Negli ultimi anni, diversi neuroscienziati hanno cercato di capire che cosa accada nel cervello durante i tentativi di improvvisazione. Hanno così scoperto che dietro a quelle performance così spontanee e apparentemente senza sforzo, ci sono precisi e per certi versi inaspettati meccanismi cerebrali.

Il Guardian ne svela tre, riprendendo un celebre (e con oltre un milione di visualizzazioni) TED talk di Charles Limb, neuroscienziato e musicista dell'Università della California di San Francisco che da anni si occupa di questo ambito di ricerca. Eccoli

1. Imparare a Lasciarsi andare. Alcuni tipi di compiti creativi, come quelli matematici, richiedono che ci si concentri completamente su un problema, finché non arriva l'illuminazione. Altri, come l'improvvisazione, si basano sul meccanismo opposto: richiedono che alcune aree del cervello dell'artista in questione, siano "a riposo", cioè più quiete rispetto alla norma.

In particolare, nel caso del freestyle sono due i network cerebrali che si "disattivano" temporaneamente: il default mode network e la corteccia prefrontale dorsolaterale (CPFDL). Il primo comprende una serie di aree che sono in genere attive quando non abbiamo nulla da fare. È un sistema di default che potremmo descrivere come il "sognare ad occhi aperti" e include pensieri sul proprio passato, sulle prossime mosse che faremo, e su come ci sentiamo rispetto a determinate situazioni.

La corteccia prefrontale dorsolaterale si occupa invece di presiedere alle funzioni esecutive e alla memoria di lavoro: in pratica, si attiva quando pianifichiamo il da farsi e monitoriamo che tutto si stia svolgendo correttamente.

Può sembrare strano che un compito creativo come l'improvvisazione richieda che questi due network "facciano silenzio". Eppure è proprio così: ricerche di imaging cerebrale hanno mostrato che quando queste aree si disattivano, cadono le inibizioni, le critiche e il controllo delle nostre azioni. Perdiamo la paura di sbagliare e smettiamo di focalizzarci su noi stessi, per lasciare libero spazio a quello che abbiamo da dire o quello per cui per anni abbiamo studiato: il guizzo di creatività è così finalmente libero di uscire.

È la pratica che rende spontanei. © Old Visuals/Everett Collection/Contrasto

2. Spontanei si diventa. Per una buona improvvisazione, però, lo spegnimento di alcune aree non basta. Occorre aver qualcosa da dare al pubblico: bisogna che le lunghe ore di esercizio ed esperienza passata possano emergere a pieno.

Così mentre le aree sopra citate dormono, due aree sono molto attive: le aree premotorie e quelle del linguaggio.

Le prime preparano e coordinano i movimenti; le seconde servono a capire e produrre il linguaggio, ma sono fondamentali anche nei campi della comunicazione non scritta come, appunto, nelle performance musicali.

Le ricerche di neuroimaging mostrano che i freestyler, durante le esibizioni, riescono a collegare molte diverse azioni già svolte in passato, e a comunicarle in modo creativo, grazie al lavoro di queste due aree.

3. Rinchiusi nella "bolla". Avete presente quando siete talmente immersi in un'attività, da perdere il senso del tempo? I neuroscienziati lo chiamano "flow state": una sorta di "bolla" (o "zone" in inglese), in cui tutte le azioni sembrano magicamente prendere il loro giusto posto, e ci si sente completamente immersi in un compito tanto da non avvertire i minuti che passano.

Secondo Limb, i segni di disattivazione di alcuni network cerebrali notati nei freestyler sono la prova dell'ingresso nel flow state: quando, lasciata da parte la paura di sbagliare o di compiacere l'altro, si "spegne il monitor" e si lascia che sia l'esperienza a parlare.

Avviene con la musica ma anche quando si scrive o dipinge, quando si fa sport o si è presi dal proprio videogame preferito. Per entrarci, servono tempo ed esperienza. Fino a quando non si è divenuti esperti, meglio concentrarsi a fondo su quello che stiamo facendo.

Guarda anche il TED talk di Charles Limb, con i sottotitoli in italiano:

6 aprile 2016 Elisabetta Intini
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