Prima si vola, si fugge, si esplorano fondali marini e si acchiappano Pokémon. Poi, posato il cellulare (o tolti i visori) si torna alla vita di sempre. Ma videogame, realtà virtuale e realtà aumentata lasciano strascichi anche quando non stiamo giocando. Persino mentre dormiamo, come si legge in un articolo pubblicato su The Atlantic.
Registi di sogni. Jayne Gackenbach, psicologa della MacEwan University (Canada), ha dedicato ai fenomeni del game transfer, ossia le contaminazioni tra sensazioni provate nei videogame e il mondo reale, buona parte della propria carriera. Le sue ricerche dimostrano che i più accaniti fruitori di videogiochi riportano più spesso di avere il controllo della trama dei propri sogni, nonché la sensazione di sapere perfettamente che cosa si sta sognando (i cosiddetti "sogni lucidi").
Sconfinamenti. In uno studio presentato a giugno, la ricercatrice si è chiesta se lo stesso effetto potesse essere esteso anche ai device per la realtà virtuale come Oculus Rift. Per provare a rispondere ha ingaggiato alcuni giocatori che guidassero un'auto da corsa al computer; metà di essi hanno indossato i visori, l'altra metà no. Coloro che avevano giocato in modo immersivo hanno riportato un maggior numero di sogni lucidi rispetto al secondo gruppo.
Un tratto comune. I sogni e gli scenari in realtà virtuale operano seguendo lo stesso meccanismo di base: si vivono situazioni irreali senza nessun impedimento esterno. L'ipotesi è che i device per la realtà virtuale possano allenare il cervello a percepire le scene "fantastiche" con una maggiore consapevolezza, incoraggiandolo a intervenire in modo attivo.
Nella realtà virtuale o nei videogames, il cervello esperisce un surrogato di fase REM, nel quale tutto è possibile e si può operare per cambiare le cose. Così, quando sogna, prova a fare altrettanto. Gli scenari in realtà aumentata contribuiscono alla confusione, perché mescolano elementi virtuali con ambienti veri (come la strada).