Psicologia

Il sudore degli amici puzza di meno

Lo dimostrano due (seri) esperimenti scientifici a base di magliette sudate: la necessità di cooperare ci spinge a superare il disgusto.

La nostra capacità di "fare gruppo" potrebbe dipendere da un talento per certi versi inaspettato: l'abilità di superare il disgusto che istintivamente proviamo per gli altri. Con chi riteniamo far parte della nostra cerchia ci riusciamo meglio: gli olezzi degli amici ci disturbano meno di quelli di completi estranei. Lo dimostra uno studio britannico appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.

Quella pupù? È santa. La scoperta non è certo una novità per chi è costretto a maneggiare gli indumenti sudati del partner prima di metterli in lavatrice, o per i genitori che cambiano i pannolini dei neonati tra una portata e l'altra di una cena.

Ma il fenomeno è importante anche per indagare più complesse dinamiche di inclusione o esclusione sociale, come quelle che si instaurano, per esempio, tra tifosi avversari, o che legano i supporter di due squadre rivali al momento di tifare per la nazionale.

Annusa queste. Stephen Reicher, psicologo sociale dell'Università di St. Andrews (Scozia) ha compiuto due diversi esperimenti. Nel primo, ha chiesto a un gruppo di studenti dell'Università del Sussex (Inghilterra) di giudicare il grado di disgusto suscitato da alcune magliette sudate, conservate in recipienti chiusi per preservarne l'odore.

Questa puzza è diversa. In un caso, ai volontari è stato detto che le magliette appartenevano "ad altri studenti", intendendo implicitamente a studenti dello stesso ateneo. In un altro, gli indumenti sono stati attribuiti a ragazzi dell'Università di Brighton (un altro ateneo britannico), quindi ad estranei: i livelli di disgusto espressi sono risultati più alti nella seconda situazione.

Di corsa a lavarsi. In un altro esperimento, la stessa prova è stata proposta a studenti dell'Università di St. Andrews. Anche a loro è stato detto che gli indumenti sudati appartenevano a ragazzi dello stesso ateneo o a coetanei dell'Università di Dundee, ma questa volta ai volontari è stato chiesto di andare a lavarsi le mani. Quando credevano che le magliette venissero da un altro ateneo, i soggetti sono corsi al lavandino più in fretta e hanno usato più sapone.

Confini delicati. Il superamento del disgusto ci rende liberi di cooperare con i membri del nostro stesso gruppo, e di lavorare a un obiettivo comune. La ricerca «mostra l'importanza delle modalità che utilizziamo per definire i confini di un gruppo» spiega Reicher. «Ha implicazioni nelle tematiche di esclusione sociale, nello studio di pregiudizi e discriminazioni. Riguarda come definiamo noi stessi, chi è "noi" e chi è "altro"».

25 febbraio 2016 Elisabetta Intini
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