Psicologia

La paura va fronteggiata, se si vuole superarla

Uno studio su come vengono immagazzinati i ricordi paurosi nel cervello dei topi fornisce un convincente supporto a questa teoria.

Un vecchio adagio recita che, se vogliamo superare la paura, dobbiamo guardarla in faccia. Pare sia vero: gli scienziati hanno ottenuto per la prima volta conferma che, nel cervello, i circuiti nervosi in cui sono archiviati i ricordi legati a eventi traumatici devono essere riattivati per far sì che la paura diminuisca.

Gli esperti dibattono da tempo su quali meccanismi neurali siano alla base del ricordo dei traumi, e come venga immagazzinata nella memoria la traccia di questi eventi. In particolare, non si sa se la diminuzione dell’ansia e della paura legata a un ricordo si verifichi quando il ricordo originario svanisce, o se con il tempo sul ricordo di partenza ne venga sovrascritto uno che ha via via perso la sua sfumatura minacciosa.

Illuminati dalla paura. Per studiare come vengono archiviati e rivissuti i ricordi paurosi, i ricercatori del Politecnico federale di Losanna (EPFL) hanno utilizzato dei topi geneticamente modificati in modo che, nel loro cervello, una “etichetta” fluorescente illumini un insieme di neuroni nel momento in cui si attivano.

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Nel cervello di un topo, una cellula attivata dallo stimolo pauroso (in verde) sovrapposta a una attivata dal richiamo dello stesso ricordo in una situazione non minacciosa (in rosso). © EPFL/Gräff Group

In questo modo sono stati in grado di visualizzare un preciso “engramma”, vale a dire la traccia fisica in cui è conservato il ricordo. Gli animali, in una gabbia di plexiglass, sono stati sottoposti a una leggera scossa a una zampa. Osservando quali cellule si erano attivate, i ricercatori hanno innanzi tutto identificato il circuito nervoso in cui il ricordo è stato immagazzinato: un particolare gruppo di neuroni nel cosiddetto giro dentato dell’ippocampo, la struttura cerebrale essenziale per la memoria. Anche a un mese di distanza, se messi nella stessa gabbia, gli animali si immobilizzavano - un chiaro segno di paura in questi animali - dimostrando di ricordare la scossa, mentre nel cervello si accendevano i neuroni corrispondenti.

Rivivere il ricordo. I topi, a quel punto, sono stati sottoposti a una sorta di terapia per indebolire il ricordo pauroso, analoga a quelle cognitivo-comportamentali cui vengono sottoposte le vittime di traumi che, in maniera controllata, rievocano la situazione o l’oggetto che ha provocato il trauma. In maniera graduale, di solito il livello di ansia e di paura diminuisce. Nel caso dei topi, gli animali sono stati di nuovo posti nella stessa scatola in cui avevano ricevuto la scossa, ma senza che venisse somministrata. Pian piano, gli animali hanno cominciato a non temerla più.

Osservando ciò che accadeva nel loro cervello, i ricercatori hanno visto che ad attivarsi erano comunque gli stessi neuroni di prima.

Non solo: meno i topi avevano paura, più le cellule erano attive. Mentre se i ricercatori intervenivano “disattivando” i neuroni, la paura non scemava.

Terapie anti-paura. In sostanza, concludono i ricercatori nell'articolo pubblicato su Science, il gruppo di neuroni responsabile dell’archiviazione del ricordo pauroso è lo stesso che si attiva quando il ricordo si indebolisce. Di più: la riattivazione del ricordo pauroso sembra la condizione indispensabile perché la paura svanisca. Sarebbe insomma la traccia fisica del ricordo a modificarsi, perdendo i suoi connotati paurosi, a favore di quelli più rassicuranti.

Lo studio conferma quanto in fondo molti terapeuti sanno, e cioè che la paura deve essere affrontata e rivissuta per poter essere superata. E che, in più, l’identificazione del meccanismo nervoso alla base di questo effetto potrebbe portare a migliorare le terapie per trattare l’ansia e la paura patologica, come il disturbo post-traumatico da stress.

17 giugno 2018 Chiara Palmerini
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